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Notizie SportGhiraldini: «La ricerca della continuità prima sfida per il nostro rugby»

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Ghiraldini: «La ricerca della continuità prima sfida per il nostro rugby»

Ecco, come avete vissuto queste incertezze all'interno dello spogliatoio?
Si è scritto e parlato tanto, in queste settimane, del futuro del rugby italiano, sopratutto per quanto riguarda Celtic League ed Eccellenza. Noi giocatori, purtroppo, non siamo stati molto informati sull'andamento delle trattative. Penso comunque che non sia stato facile, e non lo sia tuttora, gestire questa situazione per nessuna delle varie parti interessate, visto anche il difficile momento attraversato dalle organizzazioni europee di club e dalle delle franchigie gallesi. In ogni caso, è innegabile che l'incertezza e la poca chiarezza possono disturbare l'ambiente e la serenità dei giocatori. Nello stesso tempo, però, è anche vero che il nostro sport ti dà la possibilità di metterti in gioco costantemente. La strada da prendere, perciò, è sempre la stessa: fare e dare tutto per rendere al tuo massimo livello. Le cose che puoi controllare sono di tua responsabilità e l'unico modo per diventare protagonisti del proprio futuro è fare il proprio dovere in campo.

Ci sarà, a quanto risulta, una migrazione piuttosto consistente di giocatori all'estero. Può essere un bene per il movimento azzurro? Piu' spazio ai giovani, che restano in Italia, per misurarsi nel panorama internazionale?
La programmazione, in tutti gli ambiti lavorativi e sportivi, è fondamentale. Fino a non molti anni fa molti giocatori azzurri facevano parte di club stranieri, in Inghilterra o Francia. Poi, con l'entrata delle due franchigie italiane nella Celtic League, ora Pro12, molti di loro hanno fatto ritorno in Italia. Ora, se ci sarà la migrazione di alcuni degli atleti più rappresentativi, i giovani potranno essere impegnati più spesso nei rispettivi club. Penso che l'equilibrio si possa comunque trovare. E' importante organizzare il tutto in con l'obiettivo di formare atleti pronti per l'alto livello: non significa, quindi, solo utilizzare i giovani per farli crescere, perché sarebbe controproducente. Diventa fondamentale creare strutture per farli maturare in tutti gli aspetti del gioco e per dare loro la possibilità di giocarsi costantemente il posto in squadra. L'Irlanda ha vinto il Sei Nazioni e i giocatori fanno tutti parte di tre franchigie, Leinster, Munster e Ulster. Quindi, penso che prima di tutto sia importante lavorare per far crescere i giocatori sotto tutti gli aspetti, e spesso anche atleti più "anziani" possono essere preziosi per la formazione di un gruppo ambizioso e competitivo.

Dall'anno prossimo, a fronte della conferma di due italiane nel campionato Pro 12, una sola (la meglio classificata a fine stagione tra Benetton e Zebre) parteciperà alla Heineken Cup, la Champions League dell'ovale, che passerà da 24 a 20 squadre: è una bocciatura o uno stimolo?
L'Heineken Cup è una manifestazione fantastica e allo stesso tempo molto impegnativa. E' innegabile che la competizione abbia una grande appeal mediatico e sportivo, per giocatori, società e tifosi. Avrei sicuramente preferito continuare a vedere due italiane coinvolte, ma questo nuovo regolamento dovrà essere visto come stimolo in piu' per conquistare interessanti posizioni in classifica nel Pro 12.

Tutto considerato, e tornando per l'ultima volta al Sei Nazioni 2014, l'Irlanda ha meritato questo trofeo?
L'Irlanda ha dimostrato di essere una grande squadra, ben preparata sotto ogni aspetto specifico del gioco. Ottima conquista, difesa esemplare e qualche pizzico di inventiva e creatività da giocatori come Sexton e O' Driscoll. L'Inghilterra, unica formazione ad aver battuto l'Irlanda in questo torneo, avrebbe meritato a sua volta la vittoria finale. Ma, poiché il regolamento del Sei Nazioni prevede che a parità di classifica conti la differenza punti generale, e non l'esito dello scontro diretto, non ci resta che rendere merito agli irlandesi, che hanno dimostrato di avere pochi punti deboli, grande forza di gruppo e ottima condizione.

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