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Questo articolo è stato pubblicato il 16 aprile 2014 alle ore 17:10.
L'ultima modifica è del 16 aprile 2014 alle ore 17:28.

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Vendite: 1,6 milioni di copie in meno
Negli ultimi sette anni, le vendite medie giornaliere dei quotidiani sono diminuite di oltre 1,6 milioni di copie. Per i quotidiani, soprattutto a partire dal 2007, è iniziato un declino della diffusione che si è andato ampliando, raggiungendo punte molto elevate nel 2011 (-6,8%) e nel 2012 (-8,1%). Il calo sembra essersi attenuato nel 2013, mantenendo comunque dimensioni considerevoli (-5,2%). Questa evoluzione negativa non riguarda soltanto l'Italia.

Tra il 2008 e il 2012, la diffusione mondiale dei quotidiani è calata del 2,2%. Sulle dimensioni storicamente depresse del mercato italiano hanno inciso, e continuano a incidere, squilibri territoriali che rispecchiano l'irrisolto dualismo economico e sociale del paese. Nel 2012, a fronte di una media di copie vendute che sull'intero territorio nazionale è stata di 66 copie ogni 1.000 abitanti, nelle regioni meridionali la stessa media è stata di 42 copie. Un gap che negli ultimi anni si è andato consolidando. Nel 2010, infatti, le copie vendute per mille abitanti erano 49 al Sud (una copia ogni 20 abitanti), 82 al Centro (una copia ogni 12 abitanti) e 91 al Nord (una copia ogni 11 abitanti).

Occupazione -6,1 per cento
Lo scorso anno la forza lavoro giornalistica è stata ridimensionata del 6,1%, ovvero 602 unità lavorative in meno rispetto al 2012. Il calo più pronunciato é stato sofferto dai giornalisti occupati nei periodici (-7,7%), seguiti da quelli occupati nei quotidiani (-5,6%) e nelle agenzie di stampa (-3,9%). Secondo la Fieg, «i livelli occupazionali nelle imprese editrici non potevano non risentire di un clima congiunturale dalla forte intonazione recessiva i cui effetti si sono aggiunti alle difficoltà di tipo strutturale che attanagliano il settore». Tra il 2009 e il 2013, il numero dei giornalisti fuoriuscito dal settore dell'editoria è stato di 1.662 unità, di cui 887 nell'area dei quotidiani e 638 in quella dei periodici. L'aspetto preoccupante - dice la relazione della Fieg - è che «questo esodo ha colpito con particolare forza quanti dovrebbero garantire il ricambio generazionale all'interno delle imprese». Nei quotidiani, infatti, il numero dei praticanti che erano 173 nel 2009, si é più che dimezzato nel 2013, riducendosi a 75.

Anselmi: «Una politica industriale per uscire dalla crisi»
Per uscire da una crisi tanto profonda e rilanciare lo sviluppo il settore dell'Editoria ha bisogno di una «politica industriale». Questa la principale richiesta che il presidente della Fieg, la Federazione degli editori, Giulio Anselmi ha rivolto al governo nel corso della presentazione del Rapporto "La stampa in Italia".

Nel rifiutare «interventi a pioggia e distribuzioni indiscriminata di risorse», gli editori ha chiesto (e la risposta è arrivata da Lotti, come si diceva) che sia concretizzata l'intesa che con il precedente governo ha portato all'inserimento nella legge di stabilità 2014 del Fondo per gli interventi di sostegno all'editoria. Previsti interventi nel settore per 120 milioni di euro in tre anni «volti a incentivare gli investimenti delle imprese - ha ricordato Anselmi- nell'innovazione tecnologica e digitale, l'ingresso dei giovani professionisti e il sostegno a ristrutturazioni aziendali e ammortizzatori sociali». Anselmi si è detto fiducioso che questi provvedimenti «non resteranno sospesi nel vuoto», visto che hanno bisogno per essere operativi dai decreti attuativi.

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