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Questo articolo è stato pubblicato il 18 aprile 2014 alle ore 07:36.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:12.

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Una manovra fiscale limitata al 2014, quale quella che va emergendo dalle bozze del decreto oggi all'esame del governo, rischia di non garantire strutturalità all'intervento sull'Irpef, ponendo al tempo stesso in primo piano il problema delle coperture, che non possono che essere certe e strutturali, proiettate su un orizzonte almeno triennale.

Si può anche ricorrere, e il governo si appresta a farlo, a temporanee «una tantum» per coprire il taglio dell'Irpef nel 2014. Ma si tratta di interventi che poi comunque vanno sostituiti da misure strutturali. L'interrogativo, peraltro sollecitato dalle valutazioni della Banca d'Italia, è così sintetizzato: al momento pare arduo assicurare che i proventi della revisione della spesa riescano a finanziare nell'ordine lo sgravio dell'Irpef, evitare l'aumento delle entrate e coprire gli esborsi «connessi con programmi non inclusi a legislazione vigente».

Vi è da fare i conti tra l'altro con la clausola di salvaguardia dell'ultima legge di stabilità. Ma prima di tutto - si può aggiungere - occorre un patto di maggioranza blindatissimo, da qui ai prossimi anni, per sostenere un taglio strutturale della spesa pari a 32 miliardi. Difficile da prevedere, al momento. Ecco perché le modalità di copertura che il governo definirà oggi, e con esse l'orizzonte temporale del taglio dell'Irpef, divengono decisive per la credibilità e sostenibilità dell'intera operazione.

Bruxelles, a quel che si può prevedere, prenderà atto della decisione del governo, autorizzata dal Parlamento, di deviare temporalmente dall'obiettivo di medio termine, in sostanza il pareggio di bilancio. Potrà eccepire sul mancato rispetto dell'impegno a ridurre il deficit strutturale di almeno lo 0,5% (quest'anno ci fermeremo allo 0,2%), ma difficilmente opporrà strenue resistenze se il governo riuscirà a dimostrare con i fatti che è effettivamente in grado di spingere sul pedale dell'incremento della crescita potenziale dell'economia, grazie a riforme strutturali non solo annunciate ma realizzate. Non potrà tuttavia derogare più di tanto sulle coperture. È esattamente lo stesso nodo che ha costretto il governo Letta a ricorrere ad anticipi di imposta e clausole di salvaguardia che prenotano incrementi di entrata, chieste proprio da Bruxelles a garanzia degli equilibri di bilancio. Il tutto per finanziare l'abolizione dell'Imu sulla prima casa, con effetti nulli sui consumi.

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