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Questo articolo è stato pubblicato il 25 aprile 2014 alle ore 05:39.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:18.

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Andrà a Romano Prodi il premio internazionale Alcide De Gasperi 2014 sotto il segno dei «Costruttori d'Europa».
La cerimonia di consegna del premio, che con cadenza biennale segnala chi ha raccolto il testimone dei primi europeisti del Dopoguerra, avrà luogo a Trento il 5 settembre. Un momento simbolo dell'Autonomia, a ricordare la storica firma di Parigi tra Alcide De Gasperi e il ministro degli esteri austriaco Karl Gruber. Questa sesta edizione del premio coincide fra l'altro con i sessant'anni dalla scomparsa del grande statista trentino «prestato all'Italia e all'Europa».

La penultima designazione aveva premiato Felipe González, ex presidente del governo spagnolo. Nel 2011, per la prima volta era toccato a un politico dell'Est, Vaclav Havel, presidente della Cecoslovacchia post comunista e poi della Repubblica Ceca, uno straordinario intellettuale capace di opporsi al totalitarismo senza cedimenti. E prima di lui ad aggiudicarsi il riconoscimento erano stati Simone Jacob Veil, già presidente del Parlamento europeo colpita personalmente dalla violenza delle deviazioni razziali, il presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e l'ex cancelliere tedesco Helmut Kohl.

Anche il nome di Romano Prodi è legato strettamente alla casa comune europea. Nei suoi cinque anni alla guida della Commissione la Ue ha conosciuto alcuni dei passaggi più significativi, se si considera l'introduzione dell'euro come moneta comune e l'allargamento a venticinque Paesi membri, oltre ad essersi lui stesso speso per una robusta politica di vicinato. Fatti che renderanno ancora più gradito il premio intitolato al De Gasperi che volle indicare nel superamento delle inimicizie e degli steccati tradizionali e nel rispetto dei diritti delle diverse comunità territoriali il presupposto della presenza attiva in politica. Una vicinanza, quella di Prodi all'Unione, che non ha impedito tuttavia al Professore bolognese di muovere critiche forti nei confronti dell'assetto attuale di Bruxelles. Sul patto di stabilità e i suoi legacci l'ex premier non è stato mai morbido avendo messo sistematicamente in rilievo i rischi di procurata asfissia ai membri più fragili. Non volendo tenere conto della realtà fattuale delle cose si è voluto costruire un'Europa soltanto di tipo formale. Il difetto per Prodi non è tanto delle variegate e contestatissime istituzioni europee quanto piuttosto dei singoli Stati, che adottano una politica nazionale e non una di interesse comune. Paga il prezzo della propaganda populista ora il povero euro. Ma sintonizzarsi con il pensiero di Prodi aiuta a comprendere che la responsabilità non è della «troppa» Europa. È della «poca» Europa.

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