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Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2014 alle ore 07:34.
L'ultima modifica è del 08 maggio 2014 alle ore 09:05.

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«In curva A sono tutti camorristi. Camorristi e ladri». Il verbale d'interrogatorio di Emiliano Zapata Misso, depositato davanti ai giudici della IX sezione penale del Tribunale di Napoli, dove ieri si è concluso il processo per la guerriglia anti-discarica di Pianura, è una spietata radiografia dell'incesto tra calcio e camorra che va ben oltre la notte di follia dell'Olimpico di sabato scorso. Zapata Misso è stato per anni il capo della criminalità organizzata del rione Sanità e, per sua stessa ammissione, killer del clan. Amava le pistole, il denaro e il calcio, il giovane padrino. Tanto che non ha mancato una partita al San Paolo «da quando sono uscito fino all'ultimo arresto».

«Ho frequentato lo stadio perché sono tifoso del Napoli. Mi sedevo in mezzo ai gruppi del rione Sanità e dei Mastiffs». Laddove ha conosciuto i «lupi alfa» del tifo organizzato. Tutti o quasi con precedenti di polizia e discendenze di camorra a ventiquattro carati.«Ho moltissimi amici nei due gruppi e mi mettevo in mezzo a loro nella zona dell'anello superiore. Davanti a tutto dove c'è il ferro, dottore... in prima fila».

«Nel gruppo del rione Sanità – spiega Misso – il capo si chiama Gianluca De Marino, fratello di Ciro De Marino, componente del gruppo di fuoco del clan Misso. Nel gruppo dei Mastiffs c'è Gennaro De Tommaso, detto Genny 'a carogna, figlio di Ciccione De Tommaso, nostro affiliato che è pure stato condannato con noi». La lista è lunga: «C'era il figlio di Tonino Capuano (storico esponente della malavita di Forcella e braccio destro di Luigi Giuliano, ndr). Poi c'è in curva B un tale Massimo 'o bandito che è un capo ultras dei Feddayn. E il figlio di Renato Esposito, ammazzato in piazza Trieste e Trento, soprannominato 'o nennillo. Con la Masseria Cardone c'era il figlio di Patrizio Bosti, Ettore detto 'o russo».

Proprio quest'ultimo, tra l'altro, in un'altra inchiesta per camorra, finì intercettato mentre parlava con Fabrizio Corona di una mega-festa a Riccione, cui era stato invitato, dove avrebbe conosciuto anche Nina Moric e Belen Rodriguez. La "mappatura" che Zapata Misso offre della galassia calcistica è puntuale. Il gruppo di tifosi che si richiama al rione Sanità «esiste da pochi anni» ed è stato fondato in concomitanza con la scarcerazione dello zio di Emiliano, il boss Giuseppe Misso.

«Mio zio decise di far mettere come simbolo e come segno di potere, nello stadio, il gruppo del rione Sanità – ha raccontato il collaboratore di giustizia – e Genny 'a carogna, visto che i Mastiffs erano il gruppo più vecchio, parlò con tutti i capi delle Teste Matte, dei Lions per chiedere l'autorizzazione per il gruppo, e loro accettarono». Allora come oggi, De Tommaso si è calato nelle vesti di mediatore. D'altronde, nemmeno la camorra può osare più di tanto quando si parla di calcio. «Ci deve essere sempre l'ok dei gruppi organizzati». La savana di sigle si è arricchita, così, di un nuovo stendardo e di altri mujahiddin azzurri.

«Questi gruppi hanno sempre lo stesso posto allo stadio, sempre la stessa posizione in curva A: a comandare sono i capi dei Mastiffs e del rione Sanità». Sono loro ad assicurare l'"ordine pubblico" in occasione dei match. A coordinare le scenografie e a intonare, come i muezzin, i primi cori d'attacco o di supporto agli 11 sul campo. Sono i padroni incontrastati delle aree a loro riservate.«Se una brava persona vuole mettersi al loro posto – spiega in maniera un po' elementare Zapata – non la fanno stare. La mandano via». E lui, invece? «Io mi potevo sedere con loro perché facevo parte del clan Misso».

Da supporter azzurro, anche Emiliano andava in trasferta. «Non spesso, ma qualche volta sì: quando il Napoli giocava in casa, ero allo stadio tutte le domeniche». Per questo, sa bene come orientarsi tra le gradinate del San Paolo.

«Molte volte ho parlato anche con Gianluca De Marino – ha raccontato il pentito – i tifosi si vedevano due o tre giorni prima della partita per organizzare i cori... si organizzavano pure per fare dei tafferugli... ad esempio, dico, contro i romanisti visto che sono tifoserie contro».Ma ai colpi di pistola nessuno, prima della finale di Coppa Italia, c'era arrivato. Nemmeno la camorra.

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