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Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2014 alle ore 08:07.
L'ultima modifica è del 08 maggio 2014 alle ore 18:55.

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Avrebbe favorito la latitanza dell'ex parlamentare Amedeo Matacena attraverso le sue conoscenze. Con questa ipotesi accusatoria, confermata al Sole24ore.com dalla Dia di Reggio Calabria, è stato arrestato l'ex ministro dell'Interno Claudio Scajola dagli uomini della Dia di Roma nella sua casa nella Capitale. Intanto gli uomini della Dia di Genova stanno arrestando altre persone ad Imperia e in Liguria, roccaforte dell'ex ministro e compiendo numerose perquisizioni.

L'ex ministro sarebbe stato in contatto soprattutto con la moglie dell'ex parlamentare di Forza Italia Matacena, Chiara Rizzo, anch'essa arresta unitamente alla madre Raffaella De Carolis. Matacena è invece latitante, a seguito di una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Si troverebbe da tempo all'estero.

L'operazione, sull'intero territorio nazionale, è coordinata dalla Dia di Reggio Calabria, agli ordini del comandante Gianfranco Ardizzone, coadiuvata dai centri operativi e sezioni Dia di Roma, Genova, Milano, Torino, Catania, Bologna Messina e Catanzaro. Le direzioni investigative stanno procedendo all'esecuzione di 8 provvedimenti restrittivi, emessi dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, Olga Tarzia, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia reggina, diretta dal Procuratore della Repubblica Federico Cafiero De Raho (i pm titolari dell'inchiesta sono Giuseppe Lombardo e, per la Dna, Francesco Curcio).
Gli uomini della Dia di Reggio Calabria, in queste ore, stanno sequestrando beni che secondo la ricostruzione di investigatori e inquirenti sarebbero riconducibili a Matacena, per un valore di circa 50 milioni. Alcuni congiunti e persone fidate dell'ex parlamentare, si sarebbero intestati quote azionarie di società, anche collegate a società estere, a lui direttamente riconducibili. L'ipotesi accusatoria è dunque quella di interposizione fittizia di beni.

L'indagine che ha condotto all'arresto dell'ex titolare del Viminale e, tra gli altri, della sua segretaria Roberta Sacco, è una costola della cosiddetta indagine Breakfast, che la Dda e la Dia di Reggio Calabria stanno conducendo da circa due anni e che punta a ricostruire il reinvestimento di centinaia di milioni della ‘ndrangheta, in Italia e all'estero, anche attraverso il coinvolgimento di personaggi legati alla politica.

Le reazioni
Diverse le reazioni di alcuni tra i protagonisti di questa vicenda. Per i legali di Scajola, Giorgio Perroni ed Elisabetta Busuito, l'ex ministro «è sereno, fiducioso nell'operato della magistratura e certo che la sua estraneità ai fatti contestati verrà pienamente accertata anche questa volta. Prendiamo atto delle misure assunte dall'autorità giudiziaria nei confronti di Scajola e chiediamo alla stampa di affrontare questa vicenda con professionalità e cautela, evitando sommari processi mediatici».
In una richiesta giusta e doverosa, pur in presenza delle dichiarazioni del capo della Procura di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, secondo il quale non è certo il momento di gioire in attesa di un eventuale sbocco processuale ma «ci muoviamo in quadro indiziario grave».

Vincenzo Speziali che, secondo l'accusa, era uno dei contatti di Scajola con il Libano, Paese nel quale, sempre secondo l'accusa, Matacena voleva andare, nega ogni coinvolgimento e nega anche che la moglie sia imparentata con l'ex presidente del Libano Amin Gemayel, come invece era stato affermato dalla Dia di Reggio Calabria. «Non ho niente a che fare con Amedeo Matacena – ha affermato all'Ansa Speziali da Beirut – non so dove si trovi e Scajola non mi ha mai chiesto nulla in proposito. Cado dalle nuvole, mi hanno messo in mezzo a una storia che non conosco. Mi auguro di poter vedere preso i magistrati per mettere in chiaro la mia posizione. Certo che Scajola si è rivolto a me, ma solo perché sembrava potesse essere candidato alle europee e io potessi collaborare alla sua campagna».

r.galullo@ilsole24ore.com

Vincenzo Speziali, il gancio libanese che si sarebbe rivolto a Scajola per la latitanza di Matacena

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