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Questo articolo è stato pubblicato il 09 maggio 2014 alle ore 12:27.
L'ultima modifica è del 09 maggio 2014 alle ore 20:54.

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I sondaggi finora realizzati, anche quelli che oggi affollano i giornali sono probabilmente da buttare, cancellati dallo scandalo Expo. Matteo Renzi lo sa bene e per questo ieri, non appena ha avuto notizia di quanto stava avvenendo a Milano, non ha perso tempo. Quelle parole usate in prima battuta dal premier -«la buona politica fa il suo lavoro e non mette becco in quel che fa la magistratura», seguito dallo stentoreo «massima severità per chi ha commesso reati» - sono la trincea tirata su per difendersi dalle granate pentastellate.

Beppe Grillo, che nelle ultime settimane faticava non poco a gareggiare con il premier (lo conferma l'insolita disponibilità ad intervenire nei vari talk show televisivi), si è già caricato per colpire il Renzi segretario del Pd: partito erede di quel Pci-Pds in cui militò il compagno G, all'anagrafe Primo Greganti, arrestato per la prima volta nel 1993, ai tempi di Mani pulite, e riarrestato ieri per lo scambio di mazzette sull'Expo.

Renzi ne è consapevole e per questo è pronto a liberarsi delle zavorre che potrebbero rallentare la sua corsa verso la vittoria elettorale. Lo farà utilizzando il copione di sempre e cioè evidenziando la sua estraneità a un mondo al quale, fin dall'inizio della sua ascesa politica, «il rottamatore» ha dichiarato guerra. Del resto a suo favore gioca ancora una volta anche il dato anagrafico.

Quando scoppiò la prima tangentopoli, nel 1992, l'anno in cui l'ex Dc, Gianstefano Frigerio, varcò per la prima volta il carcere di San Vittore, l'attuale premier non aveva ancora raggiunto la maggiore età. Ma certo non basterà. Martedì Renzi ha annunciato che sarà a Milano assieme al suo ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina, tre anni pià giovane del premier, e che a partire dal 2007 ha guidato i democratici della Lombardia. Renzi e Martina dovranno rassicurare gli elettori e per farlo dovranno spiegare e dimostrare -prima ancora dei magistrati - che il Pd nulla ha più a che fare con quel Greganti che tra la fine degli anni 80 e primi novanta era stato ribattezzato «il tesoriere occulto del Pci».

Anche Silvio Berlusconi tenterà l'operazione allontanamento/scaricamento ma nel suo caso sarà certamente più complicato, visto che ad essere coinvolti sono due ex parlamentari del suo partito e che il cuore dello Expo è la Lombardia, regione da vent'anni a guida centrodestra e già al centro nel recente passato di numerosi scandali legati all'amministrazione Formigoni. Berlusconi ora rischia che quel suo elettorato ancora incerto, sui cui puntava per la remuntada, possa rabbiosamente riversarsi su Grillo. E questo è unrischio non solo per il Cavaliere ma anche per Renzi.

Al premier infatti non basta difendere il suo Pd ma deve anche tenere a distanza il M5s. Quei dieci punti di distanza tra democratici e grillini, accreditati ancora ieri da quasi tutti i sondaggi, se confermati dal voto, rappresenterebbero per il premier un successo stratosferico, che rafforzerebbe il governo anche nel confronto internazionale, visto che il Pd potrebbe diventare il primo partito del gruppo del Pse.

Al contrario, l'avanzata grillina non potrebbe non avere ripercussioni sia sulla vita dell'esecutivo che nei suoi rapporti con i partner della Ue. Per Renzi (e per il Pd) è la partita della vita, che il premier è costretto a giocare su un campo minato quale da sempre sono le elezioni europee, dove gli elettori si sentono meno condizionati, in quanto non chiamati a scegliere governo, sindaco o governatore, e quindi più disponibili a manifestare la protesta, per altro potenziata anche dal crescente antieuropeismo.

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