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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2014 alle ore 08:50.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:31.

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Il flash trading. Un fenomeno, anche grazie a pubblicazioni quali Dark Pools di Scott Patterson o Flash Boys di Michael Lewis, uscito dalle discussioni tra pochi iniziati. E che, però, da anni contraddistingue le Borse. Tanto che, in quel di Wall Street, negli ultimi esercizi si è assistito addirittura al suo ri-dimensionamento. Nel 2014, infatti, la stima della quota di azioni scambiate dagli High frequency trader (Hft) è intorno al 51%. Certo, un numero importante. E, tuttavia, lontano dal picco del 2009 (63%).
Il trend stupisce? Non proprio. Questi investitori si trovano a loro agio in mercati ad alta volatilità. Negli anni recenti quest'ultima è calata. E con lei l'operatività dei flash boys. I quali, finiti tra le polemiche per le accuse di manipolazione dei mercati, hanno poi subìto anche il pressing da parte dei regulator. Fin qui gli Usa, ma l'Italia? A Piazza Affari, secondo la Consob, nel primo semestre del 2014 la quota di scambi sull'Mta riconducibile agli Hft è in media del 22%. Una valore, in linea con il 2013, di tutto rispetto e che richiede la giusta attenzione.

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