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Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2014 alle ore 12:04.
L'ultima modifica è del 16 maggio 2014 alle ore 13:41.

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Nella foto lo juventino Tevez durante la vittoriosa trasferta dell'Olimpico contro la Roma (LaPresse)Nella foto lo juventino Tevez durante la vittoriosa trasferta dell'Olimpico contro la Roma (LaPresse)

Banane che volano in campo per vile imitazione, insulti razzisti e incitamento ai giocatori a rompere gambe appena guarite. Striscioni inneggianti a chi spara per uccidere. Benpensanti convinti che il silenzio sui misfatti sia medicina e non un certificato di imbecillità. Il campionato dei colpi di pistola si chiude nel peggiore dei modi, con la sola certezza che il calcio italiano vada ricostruito dalle fondamenta insieme al nostro bellissimo quanto sciagurato Paese. In questa ricostruzione ci stiamo tutti quanti: dirigenti, calciatori, appassionati (cominciamo a non chiamarci più tifosi e a bandire dal vocabolario la parola ultrà) che pretendono dalle loro squadre ciò che ragionevolmente non farebbero in famiglia: spese folli, sperperi, stipendi milionari. Si può fare bene, anche senza le cascate d'oro degli sceicchi. Abbiamo forti dubbi che qualcosa muterà, ma sperare non costa nulla. Torniamo alle faccende del pallone dando un voto all'annata delle squadre di serie A. Con una premessa: i giudizi tendono conto del valore e delle aspettative di ciascuna compagine e quindi i voti brillanti come le ampie insufficienze dipendono dalle diverse aspettative. Sempre senza prendersi troppo sul serio. È solo un gioco. Meglio, dovrebbe.

Juventus 9
Perché solo nove nell'anno dei cento punti e dei record frantumati? Non è per la ragione addotta all'allora giovane scriba dal prof di liceo (10 al Padreterno, 9 a me e gli altri a seguire), piuttosto per i limiti mostrati nelle competizioni europee, senza dimenticare il peccato d'orgoglio del suo presidente che ripete senza sosta la litania dei 32 scudetti. Se si gioca, si accettano le regole, tutte, anche quelle che ci hanno fatto male. Per il resto giù il cappello di fronte a una siffatta signora che gioca un calcio aggressivo, avvolgente, asfissiante, comandato dal metronomo Pirlo in campo e dal suo ispiratore Conte. Grande allenatore che ha negli stessi suoi pregi il limite, non conoscendo i sensi dell'ironia e della misura. La sindrome d'accerchiamento messa in atto galvanizza i suoi, ma alla fine si rivela fastidiosa e controproducente.  Tant'è: prendere o lasciare. A proposito di lasciare: che farà il vulcanico mister? Ma ora è tempo di rendere onore a un siffatto trionfo.
Che squadra! Buffon, il sempreverde; Barzagli, il frangiflutti; Chiellini, la roccia; Vidal, il vulcano; Pirlo, l'architetto; Pogba, le leve magiche;  Tevez, il funambolo. Senza dimenticare gli altri, eccellenti, componenti dell’orchestra. Fatta l'Italia ora tocca ai bianconeri fare l'Europa. Qui i conti e Conte non tornano, e non per via di arbitri e Uefa.

Roma 8
Velocità, fraseggio, tecnica, la Roma di Garcia ha dato spettacolo. L'eterna seconda di questi anni combatte contro un destino calcistico cinico e baro che prima le ha parato dinnanzi l'Inter e ora la Juve. Con i punti raccolti in questa stagione dai giallorossi nove volte su dieci si vince lo scudetto.

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