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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2014 alle ore 04:39.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:36.

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È un riflesso condizionato della vita politica francese, anche se il ministro Arnaud Montebourg lo "veste" come un salto di qualità nella moderna politica industriale di uno Stato. E anche se non ha torto quando spiega che il provvedimento di ieri, il cosiddetto decreto Alstom, non è molto diverso dall'attività dell'americana Committee on Foreign Investment. Il patriottismo economico è dunque un fenomeno ricorrente in Francia e a rispolverarlo è stato, sotto la presidenza di Jacques Chirac, tra il 2005 e il 2006, l'allora primo ministro Dominique de Villepin. Il primo decreto risale al 2005, ma l'anno successivo il premier - sempre de Villepin - avrebbe esercitato la sua prerogativa protezionista nel caso Suez.

Allora venne coinvolta l'italiana Enel, che aveva manifestato interesse per la utility francese. Ancora prima che venisse formalizzata un'Opa - cosa che peraltro non accadde mai - venne creato un formidabile fuoco di sbarramento e avviato un piano di fusione difensiva tra Gaz de France e la stessa Suez. Nacque, oltre due anni dopo, sotto la regia della politica e dell'Eliseo, nel frattempo passato a Nicolas Sarkozy, un campione europeo del settore energetico, Gdf-Suez Lo stesso Sarkozy, ben prima di diventare presidente e in qualità di ministro dell'Economia, si distinse nel 2004 per un ostinato salvataggio di Alstom, anche allora in difficoltà e anzi a un passo dalla bancarotta. Ingaggiò un vero e proprio braccio di ferro con l'antitrust europeo, allora guidato da Mario Monti. Lo Stato francese riuscì a entrare nel capitale di Alstom acquisendone il 21,4% per 720 milioni. La tradizione interventista è quindi solida oltre che antica (e il pensiero corre al sempiterno Colbert).

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