Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2014 alle ore 08:12.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:38.

My24

Da ieri è in vigore la legge 67/2014, che – nelle intenzioni del legislatore – dovrebbe rappresentare un punto di svolta nel sistema penale, con la messa a punto di meccanismi per deflazionare l'eccessivo numero di processi e profonde modifiche al sistema sanzionatorio, con l'introduzione di una nuova tipologia di pena principale (la «pena domiciliare»), così da riservare alla pena detentiva carceraria il ruolo di rimedio estremo dell'ordinamento.

Per raggiungere questi obiettivi, l'intervento si sviluppa su tre direttrici: modifica del sistema sanzionatorio e depenalizzazione; sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato; sospensione del processo nei confronti degli irreperibili. A queste linee di indirizzo corrispondono specularmente i tre capi in cui è suddiviso il testo. Il primo di essi contiene due deleghe al Governo, rispettivamente in materia di pene detentive non carcerarie e di depenalizzazione.

Si introduce, tra le pene principali, la «reclusione domiciliare» e l'«arresto domiciliare», mentre, sul fronte della depenalizzazione, tra le novità più significative si segnalano la trasformazione in illecito amministrativo di tutti i reati per i quali è prevista la sola pena della multa o dell'ammenda, a eccezione di alcune fattispecie (ad esempio in materia di edilizia e urbanistica). Diventano, inoltre, illeciti amministrativi alcuni reati (fattispecie di scarso allarme sociale – ad esempio gli atti osceni – ma anche l'omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali e il reato di clandestinità di cui all'articolo 10bis del Testo unico immigrazione.

In alcuni casi (ad esempio ingiuria, danneggiamento punibile a querela) si ha, inoltre, una vera e propria abolitio criminis. Molto promettente ai fini deflativi è, infine, la nuova causa di non punibilità, in relazione a fatti-reato puniti con la sola pena pecuniaria o con pene detentive edittali non superiori, nel massimo, a cinque anni, quando risulti la particolare tenuità del fatto e la non abitualità del comportamento illecito. Il Governo dovrà esercitare la delega entro il termine di 18 mesi dall'entrata in vigore della legge.

Immediatamente esecutive, invece, le disposizioni in materia di sospensione del procedimento con «messa alla prova» dell'imputato. Introdotta con una articolata novella (gli articoli 168 bis, 168 ter e 168 quater del Codice penale; gli articoli 464 bis e seguenti del Codice di procedura penale, di cui al nuovo Titolo V bis del libro VI, nonché il nuovo Capo X bis, Titolo I, disp. att. Cpp) e ispirata all'analogo istituto previsto per i minorenni, la messa alla prova si applica ai procedimenti per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria ovvero con pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti previsti dall'articolo 550, comma 2 del Codice di procedura penale.

Estese le preclusioni, che limitano, in prospettiva, l'efficacia deflativa dell'istituto di nuovo conio: la sospensione del processo con messa alla prova, infatti, non può essere concessa più di una volta, né può essere applicata ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza. Sul piano procedurale, il beneficio presuppone l'istanza di parte, che va formulata, anche oralmente, nel corso delle indagini preliminari; fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422 Cpp; fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, nel giudizio direttissimo e nel procedimento di citazione diretta a giudizio; ai sensi dell'articolo 458, comma 1 Ccp, nel giudizio immediato; con l'atto di opposizione, nel procedimento per decreto.

La richiesta deve essere corredata da un programma di trattamento, predisposto d'intesa con l'ufficio di esecuzione penale esterna, con indicazioni sul progetto di recupero sociale che l'imputato realizzerà nel corso della prova, inclusa l'eventuale attività di volontariato e gli altri impegni specifici che l'interessato intende assumere anche nei confronti della persona offesa, in relazione all'obbligo di risarcimento del danno provocato dal reato. Il cuore della misura è, tuttavia, l'effettuazione di un lavoro di pubblica utilità non retribuito, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, prestato a favore della collettività, anche presso organizzazioni di assistenza sociale, sanitaria o di volontariato.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi