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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2014 alle ore 14:11.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:38.

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Tra la Francia che per impedire che Alstom finisca in mano dell'americana General Electric (o della tedesca Siemens) estende il concetto di difesa dell'interesse strategico nazionale a trasporti, energia, acqua, telecomunicazioni e sanità e la Gran Bretagna che, per sbarrare il passo alla scalata di Pfifer a AstraZeneca, è tentata di fare lo stesso per proteggere la propria ricerca scientifica ripudiando 30 anni di eredità thatcheriana, una cosa è certa: nell'Europa in crisi di crescita e lavoro si sente un crescente profumo di patriottismo economico a difesa dell'industria, persino dove era stata ripudiata per scommettere tutto sui servizi.

L'Italia potrebbe presto ritrovarsi nell'occhio dello stesso ciclone. Tra impegni presi con il fiscal compact per tagliare il mega-debito pubblico, crescita economica ben al di sotto del livelli necessari a garantirne la sostenibilità e capitali nostrani che scarseggiano, per fare cassa non ci sono molte alternative alle privatizzazioni.

Prima o poi dunque, interi o a pezzi, gli ultimi gioielli di famiglia, gruppi come Eni, Enel e Finmeccanica, finiranno sul mercato. Gli investitori di sicuro non mancheranno. Le eccellenze italiane infatti fanno gola in giro per il mondo come in Europa. Dai brand dell'alta moda alle nicchie dell'alta tecnologia, lo shopping altrui del resto si è già ampiamente servito nel nostro Paese.

Per questo il caso Alstom, più che una vicenda francese, appare anche una sorta di prova generale dei dilemmi che presto potremmo trovarci a dover affrontare. Il patriottismo economico è un vizio congenito della Francia, residuato della perduta Grandeur e dei complessi di superiorità-inferiorità che si trascina dietro. Ma è anche figlio della cultura colbertista e dell'impronta che ha lasciato sul suo modello di società e di sviluppo. Niente a che vedere con il sistema nostrano, costruito e fatto di tutt'altra pasta, nel bene e nel male.

L'interrogativo di fondo però vale per tutti: nell'era dell'economia e delle produzioni sempre più globalizzate hanno ancora un senso i rifessi identitari forti, l'arroccamento sulla difesa degli interessi nazionali o sono entrambi destinati ad essere travolti da nuove logiche, in fondo le stesse che ogni giorno e dovunque mettono in croce sovranità e autonomia decisionale degli Stati nazionali e della stessa Europa indebolita dalle proprie divisioni? A prima vista la reazione del Governo francese alla scalata di GE ad Alstom energia (il 70% del gruppo), peraltro con il beneplacito del suo Cda, rientra in una tradizione ben collaudata. Quando di mezzo ci sono i cosiddetti "campioni nazionali", le resistenze a Parigi possono diventare ferree.

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