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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2014 alle ore 07:45.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:40.

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Ingvar Kamprad, fondatore di Ikea, ha reso pubbliche le dimissioni dai due trust che possiedono proprietà intellettuale, marchio e attività commerciale del colosso dell'arredamento. Il commento ricorrente da noi è stato: «Ecco una grande impresa che soffre di passaggio generazionale come la piccola impresa italiana». Al di là del trascurare che in Italia il 60% delle imprese quotate e oltre il 50% di quelle con più di 50 milioni di fatturato sono familiari, gli esperti sono talmente tormentati dal passaggio generazionale che molti dei nostri imprenditori hanno finito per esserne terrorizzati.

La buona notizia è che il passaggio generazionale è una frottola inventata da chi guarda dal di fuori le aziende familiari e si aspetta un miracolo che faccia transitare capacità, visione, storia di un predecessore nel successore. Un po' come se a Patroclo fosse bastato indossare l'armatura per diventare Achille.
Pensare in termini di passaggio generazionale genera una lacerazione tra chi "dovendo passare" deve rassegnarsi a finire e chi "dovendo ricevere" deve dimostrarsi all'altezza. Il passaggio generazionale non esiste, esiste la necessità di dare continuità all'azienda. Il passaggio è un momento di rottura, il contrario della continuità. La preoccupazione dev'essere rivolta a creare quanto serve all'azienda per continuare la storia di successo. Tutti gli imprenditori affermano che l'azienda viene prima della famiglia: l'importante è vincere la guerra di Troia non avere un nuovo Achille, che come i grandi imprenditori non è clonabile.

La continuità aziendale ha bisogno di tre cose: essenza imprenditoriale, capacità gestionale, solidità nella proprietà. È necessario che questi tre elementi siano ripensati, anche non in una sola persona, per garantire il proseguimento del successo dell'azienda familiare. L'essenza imprenditoriale è data dai valori e dalle competenze che l'imprenditore ha nel suo DNA e che sono presenti nell'azienda e nella famiglia; è l'elemento distintivo rispetto ai concorrenti. La famiglia imprenditoriale nasce quando l'imprenditore decide e riesce a educare i figli come imprenditori. Kamprad viaggia su una Volvo vecchia di 15 anni e si preoccupa di capire come farci arredare le nostre case a prezzi abbordabili; se è stato d'esempio i suoi figli non viaggeranno su un'auto fiammante. L'essenza imprenditoriale è il tesoro che va tramandato in famiglia. La capacità gestionale può essere trovata al di fuori, anche se non è facile. I manager di successo nelle aziende familiari sono diversi dai manager di successo delle aziende a proprietà diffusa; hanno sensibilità e capacità differenti e, di solito, hanno stipendi più bassi ma la convinzione di partecipare a qualcosa di più grande e duraturo di loro.

La solidità nella proprietà deve essere mantenuta anche con l'aumento del numero degli azionisti. Nel mondo esiste un gran numero di famiglie imprenditoriali, sopravvissute oltre la terza generazione, che hanno realizzato soluzioni originali e di buon senso per tenere unite compagini a due o tre cifre di cugini. La proprietà deve essere unita "come un sol uomo", questo permette la velocità di decisione e la visione di lungo termine. Accanirsi con il passaggio generazionale significa sbagliare il punto di osservazione e fantasticare di clonazioni miracolose. Lavorare per tempo e con buon senso per la continuità aziendale è il compito degli imprenditori che vogliono dare un futuro all'azienda che hanno creato. Non è semplice e le soluzioni non si trovano belle e pronte su uno scaffale; gli imprenditori devono sapere che, come ci ha insegnato Ingvar Kamprad, se vuoi un arredamento adatto a te e con un buon rapporto qualità-prezzo, te lo devi montare da solo.

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