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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2014 alle ore 13:30.
L'ultima modifica è del 24 maggio 2014 alle ore 18:01.

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Quando si arriva in Medio Oriente è impossibile non fare politica, dice chi vive qua. E infatti il pellegrinaggio di Papa Francesco, per quanto voglia tenersi dentro binari religiosi – tanto che il momento clou è la preghiera di tutte le confessioni cristiane al Santo Sepolcro – ogni parola assume un significato ben preciso, specie se pronunciata da un leader planetario come Bergoglio.

Ad Amman, prima tappa del viaggio in Terra Santa, il Papa ha fatto un appello per la pace in Siria, come tassello essenziale per un riavvio del dialogo israelo-palestinese. Il dramma dei rifugiati, da Siria e Iraq in particolare nel regno hashemita assume dimensioni di vera tragedia umanitaria e la voce del Papa si è fatta sentire forte. Domani incontrerà i leader palestinesi, lunedì quelli israeliani: al di là dei discorsi ufficiali è difficile ipotizzare che resti fuori dal tavolo dei colloqui un forte sprone per riavviare concretamente il dialogo tra le parti, anche perché ai confini premono milioni di persone in fuga dalla guerra che aspettano risposte concrete.

L'abbraccio con gli ortodossi forse non ha solamente una dimensione religiosa: la Russia guarda con grande interesse a Bergoglio, e la chiesa di Mosca – a cui il Cremlino è decisamente molto sensibile - è molto attiva in campo geopolitico.
Francesco è il quarto papa che arriva in Terra Santa e il terzo dopo il riconoscimento tra Israele e Santa Sede (che risale al '93), ma il primo dopo il voto all'Onu a favore del riconoscimento della Palestina come «stato osservatore» e non più solo «membro». Il fatto che Francesco abbia incluso un rabbino e un rappresentante musulmano nel seguito ufficiale conferisce in qualche modo al Pontefice una speciale elasticità nel poter imporre (senza forzature di sorta) i temi sul tavolo senza sospetti di parzialità. In Israele l'attenzione è massima, ma non si può non sottolineare che Bergoglio – oltre ad andare al Muro del Pianto e al Memoriale di Yad vashem - sarà il primo papa a deporre i fiori sul Monte Herlz, in ricordo del fondatore del sionismo. Un passo (pur previsto dal cerimoniale) non da poco, si commenta in ambiente diplomatico.

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