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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2014 alle ore 07:06.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:43.

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«Le barricate hanno raggiunto il loro scopo, ora vanno smantellate, la missione principale del Maidan è compiuta». La grande sfida per l'Ucraina e il suo nuovo presidente Petro Poroshenko si compie all'Est, e dovrà portare la pace dove oggi è guerra. Ma Vitaly Klitschko, eletto sindaco di Kiev accanto al suo grande alleato, è tornato al cuore della crisi, là dove tutto è iniziato. La protesta era nata per avvicinare l'Ucraina all'Europa, per combattere la corruzione, a poco a poco era diventata lotta al regime di Yanukovich.

Ha davvero compiuto la sua missione? «Ci siamo liberati del dittatore», ha detto Klitschko. Vero, ora c'è un presidente nuovo. Ma tanti, nel popolo del Maidan, non sono soddisfatti. Le facce al comando sono più o meno le stesse: a uno schieramento si è sostituito quello precedente (il premier, Arseniy Yatsenyuk, è del partito di Yulia Tymoshenko); in Parlamento tanti deputati di Yanukovich hanno solo cambiato bandiera, né si può dire che Poroshenko, ministro sia con Yanukovich sia con la Tymoshenko, sia un volto nuovo. Troverà, come promette, la via d'uscita dalla piaga della corruzione? È per arrivare fin qui che sono morti i "Cento beati", le vittime del Maidan fissate nelle decine e decine di altarini stanchi che costellano la piazza dell'Indipendenza e le vie intorno? Da qualche parte l'Ucraina deve ripartire e soprattutto trovare il modo per riunirsi. Se questo passa per lo sgombero di un presidio che ha perso in gran parte la propria anima originaria allora sì, è venuta l'ora di smantellare il Maidan. (Antonella Scott)

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