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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2014 alle ore 07:47.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:46.

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Lo spread è volatile, ci sarebbero le condizioni per avviare coraggiose revisione dei trattati ma temo che i tempi non siano maturi. Il supporto della Bundesbank (BuBa) rende invece assai probabile l'opzione Quantitative easing (QE) per 1.000 miliardi di euro. Di cosa si tratta? È un programma di acquisto di titoli di debito non pubblici ad elevato standing creditizio (e.g. cartolarizzazioni di crediti delle banche) senza obbligo di sterilizzazione da parte della Bce.

Vale a dire la Bce acquista (o accetta a garanzia a fronte di finanziamenti) obbligazioni emesse dalle banche al cui interno sono reimpacchettati i rischi dei loro crediti. L'idea è che alleggerendo i bilanci delle banche in teoria si liberano risorse da dedicare all'economia reale.
I mercati finanziari scommettono sul QE: le banche stanno rastrellando questo tipo di titoli strutturati facendo salire i prezzi. Perché la BuBa approva questa forma di espansione monetaria? Ci sono delle ragione profonde.
Come ho già illustrato (Il Sole 24 Ore, 18 aprile "La BuBa ha trasferito alla Bce il rischio di credito delle banche tedesche"), i 1.000 miliardi di euro di finanziamenti all'1% alle banche europee da parte della Bce (gli Ltro) a cavallo tra il 2011 ed il 2012 hanno consentito alle banche tedesche di liquidare oltre 300 miliardi di euro di crediti erogati in Europa (200 è la quota spagnola e 40 l'italiana). Crediti con cui è stato finanziato per oltre un decennio l'export tedesco. Si è concluso così un ciclo di vendor financing che ha scaricato sull'Eurozona (attraverso Target2) il rischio tutto tedesco di mancato pagamento di questi crediti.

Dal 2013 sta ripartendo un nuovo ciclo come si nota dall'espansione dei crediti erogati dalle banche tedesche. Tuttavia il quadro è parzialmente mutato: quasi tutti i Paesi Ue registrano un crollo della domanda interna indotto dalle politiche di austerity (di qui il loro surplus commerciale). Non sono quindi gli acquisti dei Paesi europei che possono spiegare il surplus tedesco rimasto comunque vicino ai massimi del 2012. Infatti, l'incidenza delle transazioni intra-Ue sul surplus tedesco è scesa dal 41,2% del 2010 al 36,8% del 2013, con una migrazione dell'export tedesco verso Usa e Cina.
Di qui la crescita dei crediti erogati dalle banche tedesche ai paesi extra-Ue. È quindi partito un nuovo ciclo di vendor financing nel quale la Germania compensa un assottigliamento della domanda europea con un accrescimento della quota di export extra-Ue.

In termini di gestione del rischio di credito della Germania, un intervento Bce con il "tradizionale" schema Ltro-Target2 non giova poiché ai prestiti Ltro accedono solo banche Ue. Diviene dunque appetibile per le banche tedesche la cartolarizzazione di crediti prevista dal Qe. Attraverso il conferimento in Bce si possono infatti monetizzare non solo i crediti nei confronti di sistemi bancari intra-Ue ma anche quelli extra-Ue.
Un'interpretazione pragmatica dei dati evidenzierebbe che ogniqualvolta il rischio di credito delle banche tedesche diviene troppo elevato è possibile trovare l'unanimità in Bce per interventi a "difesa dell'euro" ma soprattutto utili a trasferire sull'eurosistema i rischi della loro esposizione creditoria.
L'intervento della Bce sarà meno efficace per le altre economie europee in crisi i cui sistemi bancari registrano una riduzione dei crediti. Servono, con buona pace della BuBa, soluzioni non convenzionali accogliendo nel QE ad esempio anche crediti deteriorati.

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