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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2014 alle ore 10:24.
L'ultima modifica è del 11 giugno 2014 alle ore 10:36.

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Andrea Orlando aveva detto che si sarebbe «attenuto» alle conclusioni della «Commissione monitoraggio» prima di procedere a eventuali «correzioni» della nuova geografia giudiziaria, che continuano a essere invocate da questo o quel partito (tutti) o Comune o ordine forense locale, con sempre maggiori pressioni poiché mancano tre mesi allo scadere del termine per proporre modifiche. Dopodiché les jeux seront faits. Ebbene, venerdì scorso la Commissione ha consegnato al ministro della Giustizia la relazione - 118 pagine più allegati - e le conclusioni non lasciano margini per correzioni. Le «criticità tecniche» rilevate sono infatti tutte superabili se il Ministero - peraltro adempiendo i doveri previsti dall'articolo 110 Costituzione - si rimboccherà le maniche e, di qui al 13 settembre, darà il «supporto» necessario (attraverso ispezioni, verifiche, tavoli tecnici e istituzionali) per fare di questa riforma non un manifesto o un «primo passo» ma un'occasione concreta di modernizzazione del servizio giustizia, razionalizzando le risorse e migliorando l'efficienza.

Nelle conclusioni, la Commissione presieduta da Annamaria Palma Guarnier osserva che l'attuazione della nuova geografia giudiziaria presenta «molte più luci che ombre». Il nuovo assetto «risulta oramai in grandissima parte definito». A lamentarsi sono solo gli esponenti dei Comuni e dell'Avvocatura degli uffici soppressi, mentre i rappresentanti degli uffici accorpanti «hanno evidenziato i vantaggi e la maggiore efficienza apportata dalla riforma». I problemi logistici sono stati via via affrontati autorizzando il temporaneo utilizzo degli immobili dei Tribunali accorpati ma «la gran parte di quei problemi è ormai risolta». «Permangono alcune limitate situazioni di forte criticità, di carattere essenzialmente logistico», da approfondire «con un costante monitoraggio affiancato da un'attività ispettiva» in alcune sedi (Alessandria, Vicenza, Siena, Latina, Santa Maria Capua Vetere, Lagonegro, Bari, Ragusa). «Ma sono casi estremamente ridotti» e già esistenti prima della riforma, che li ha evidenziati. «Ci sono margini di rapido miglioramento», soprattutto con il completamento della soppressione dei giudici di pace, che farà recuperare altro personale amministrativo, la cui carenza (anch'essa pregressa e ormai strutturale) è la maggiore criticità segnalata dai dirigenti (semmai, la riforma darà una boccata d'ossigeno). Quindi: «Proprio lo stato avanzato di attuazione della riforma e il conseguente consolidamento delle situazioni territoriali consente di ritenere che, dal punto di vista strettamente tecnico, allo stato non sembrerebbero emergere situazioni tali da richiedere un intervento mediante decreto correttivo sotto il profilo di un diverso assetto geografico dei circondari giudiziari, ovvero addirittura il ripristino di uffici soppressi».

Musica per le orecchie di chi difende il già piccolo risultato raggiunto; delusione per chi si aspettava il via libera al ripristino di qualche Tribunalino o sezione distaccata. Il taglio ha riguardato 1.398 uffici di primo grado, passati a 450, e ha consentito di recuperare 2.301 magistrati togati e onorari e 7.029 unità di personale amministrativo. Inevitabile una fase di assestamento, tanto più di fronte a ostruzionismi, esposti, ricorsi che hanno ostacolato la messa a regime. A meno che Orlando legga la relazione con una lente politica, non dovrebbero esserci marce indietro. Ma i fautori della riforma (Anm, Csm) temono l'asse Orlando-Enrico Costa (Pdl, viceministro della Giustizia) che ai tempi della Severino spingeva per recuperare almeno 7 Tribunali e, poi, per trasformarli in sezioni distaccate (soprattutto dopo il recupero, dettato da ragioni politiche e non tecniche, delle sedi distaccate delle isole minori: Ischia, Lipari, Elba). I 7 uffici sono: Pinerolo, Chiavari, Sanremo, Bassano del Grappa, Alba, Vigevano, Rossano. Ma dalla relazione non risultano esigenze tecniche per ripristinarli.

Un esempio per tutti: Rossano. Si dice: la lotta alla mafia risentirà della sua soppressione. Eppure l'accorpamento al Tribunale di Castrovillari è riuscito benissimo; il presidente Caterina Chiaravalloti ha persino rinunciato al decreto con cui il ministro aveva prorogato d'ufficio (benché chiederlo sia facoltà del dirigente) l'utilizzo del Tribunale di Rossano: la proroga stava infatti determinando difficoltà nella celebrazione dei processi (lo stesso hanno fatto i presidenti di Genova, Torino, Asti, Imperia, Pavia, Bolzano). Il Tribunale di Castrovillari (13mila mq) ha una stanza per ogni giudice e c'è un'ampia aula bunker collegata al carcere. Per avere un'idea della sua efficienza, si pensi che dal 13 settembre 2013 Castrovillari ha definito 1.700 processi penali. «Seguire il decreto ministeriale avrebbe significato - dice Chiaravalloti - far saltare i processi e fare un favore alla mafia». Del resto, parola della competente Dda: l'accorpamento è opportuno proprio per un migliore contrasto alla mafia.

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