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Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2014 alle ore 12:40.
L'ultima modifica è del 13 giugno 2014 alle ore 09:28.

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(Ap)(Ap)

In Iraq si riaccende lo scontro tra sciiti e sunniti e riappare lo spettro di una guerra civile. Ieri le milizie jihadiste sunnite si sono impadronite nelle ultime 48 ore di Mosul e Tikrit e avanzano verso la capitale Baghdad. Intanto il petrolio sale ai massimi da un anno con l'esclation delle violenze nel Paese. Le quotazioni del greggio salgono sopra i 106 dollari al barile, penalizzando il settore aereo in Borsa.

A difendere Kirkuk, hub petrolifero del paese, dagli attacchi degli jihadisti che hanno occupato larga parte del territorio circostante, sono le forze curde che hanno preso il controllo della città irachena. I curdi iracheni, perseguitati e massacrati da Saddam Hussein, vogliono incorporare la provincia di Kirkuk all'interno della loro regione autonoma, una richiesta a cui si oppone fermamente il governo di Baghdad.

Kirkuk e la rivincita dei curdi massacrati da Saddam
La provincia di Kirkuk è da un secolo al centro di una disputa tra arabi, curdi e turcomanni. La Gerusalemme irachena, posta appena al di fuori dalla regione autonoma del Kurdistan, nel nord, possiede il 20% delle riserve petrolifere del Paese. Kirkuk éèuna città multietnica con oltre un milione di abitanti, arabi sciiti e sunniti, curdi, turcomanni, assiri caldei e cristiani. Durante il regime di Saddam Hussein, la popolazione curda di Kirkuk fu deportata e rimpiazzata con coloni del sud. Per decenni, Saddam tentò di cancellare ogni traccia della cultura curda: vietò la lingua e offrì agli arabi incentivi per trasferirsi a nord e occupare la città. Dopo la caduta del regime, migliaia di curdi tornarono a Kirkuk. Da allora l'obiettivo è inglobare la città nel Kurdistan iracheno.

Venti di battaglia
I ribelli jihadisti dell'Isil hanno rivolto un appello ai loro sostenitori affinché si uniscano alla battaglia e marcino verso Baghdad. Lo rivela il Site, l'agenzia di monitoraggio americana sui siti islamici.

In un messaggio audio diffuso ieri e tradotto dal Site, il portavoce dell'Isil , Abu Mohammed al-Adnani, esorta gli insorti a marciare su Baghdad e critica il premier iracheno Nouri al-Maliki per la sua "incompetenza". «Continuate ad avanzare, la battaglia a breve arriverà a Baghdad e Karbala. Indossate le vostre cinture e siate pronti», riporta il messaggio.

E poi ancora, rivolto al premier Al Maliki: « Voi avete perso un'occasione storica per il vostro popolo di controllare l'Iraq e gli sciiti vi malediranno per sempre, fino alla vostra morte» aggiunge il messaggio.

Il Parlamento iracheno dovrebbe riunirsi oggi per decretare lo stato di emergenza su richiesta del governo del premier sciita al-Maliki, che si è impegnato a fornire armi a tutti coloro che si offriranno volontari per combattere contro le milizie jihadiste.
All'appello ha riposto per ora il leader radicale sciita Muqtada al Sadr, che ha chiesto creazione di brigate di miliziani che difendano i luoghi santi dello sciismo: <Non posso rimanere a braccia conserte di fronte al pericolo che corrono i luoghi santi, e sono pronto a lavorare in coordinazione con il governo per creare delle brigate della pace> che difendano i siti religiosi.

Le violenze in Iraq - per la maggior parte di matrice interconfessionale - hanno conosciuto una recrudescenza nel corso del 2013, raggiungendo un'intensità paragonabile al 2008, anno in cui si rischiò una guerra civile fra sciiti e sunniti; la situazione non è migliorata nel 2014: dall'inizio dell'anno le vittime sono oltre 4mila e l'offensiva jihadista fa temere lo scoppio di un vero e proprio conflitto fra le comunità.

Il governo di Washington sta valutando se utilizzare i droni per attaccare i miliziani qaedisti dello Stato islamico di Iraq e Siria (Isis) e sostenere le truppe irachene che si stanno sbriciolando di fronte all'offensiva jihadista. E il governo iracheno consentirebbe i raid aerei statunitensi contro le postazioni dei terroristi.

L'amministrazione irachena aveva già richiesto in via riservata agli Usa di prendere in considerazione l'invio di droni contro i qaedisti che, in un'offensiva lampo, hanno conquistato negli ultimi due giorni tutta la fascia settentrionale del Paese. La richiesta era stata respinta nel passato, ma Washington ora sta valutando la possibilità di maggiore assistenza miliare a Baghdad. Al Maliki avrebbe chiesto segretamente all'amministrazione di Washington di studiare un piano per colpire le basi dei terroristi islamici.

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