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Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2014 alle ore 08:25.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 16:00.
Questo particolare malessere si ripercuote in un'altra evidente incrinatura dell'istituzione dello Stato, la più importante, cioè quella che più di ogni altra dovrebbe anche combattere le disuguaglianze: la giustizia. Ed è così, che un nuovo modo di disciplina della mondializzazione economica da parte del diritto avviene appunto attraverso la privatizzazione della giustizia. Le sanzioni contro la corruzione internazionale delle grandi multinazionali globalizzate sono comminate con il versamento di cospicue somme di danaro, attraverso accordi con organismi del potere esecutivo e delle agenzie indipendenti (DOJ, SEC), con una giustizia negoziata e privatizzata, secondo la perversa ideologia in voga. È così che la repressione della corruzione delle grandi società viene definita al di fuori delle autorità giurisdizionali, attraverso una collaborazione interna e un'autodichiarazione di colpevolezza da parte delle società che, pur di evitare la giustizia penale, pericolosa sotto ogni aspetto, anche quello reputazionale, preferiscono dichiararsi colpevoli e collaborare utilizzando complessi sistemi di indagini interne, per verificare la sussistenza di attività illegali. Siamo di fronte ad una sorta di ripetizione della classica opera del drammaturgo latino Terenzio "Héautontimorouménos", cioè secondo un rinomato verso di Baudelaire, dichiarandosi vittima e carnefice di se stessi ("Et la victime et le bourreau"). Tutto ciò va sotto il nome di Accordi di giustizia ("Justice by Deals"). D'altra parte, anche nel sistema italiano, la procedura di patteggiamento evita il processo penale, ma non rende con questo il corrotto meno colpevole. Con le sfumature del caso, la filosofia di base è la stessa.
La corruzione pubblica e la corruzione privata, vittime dell'ideologia della deregolamentazione, hanno invece provocato una serie di leggi in aperta contraddizione col loro principio ideologico, rendendo lecite molte delle svariatissime forme di dipendenza da corruzione pubbliche e private, sicché il paradosso continua ad essere quello che già rivendicava Tacito quando scriveva «corruptissima re publica plurimae leges». La corruzione e le ineguaglianze, che in questo periodo caratterizzano la grande crisi delle democrazie, conservano molti aspetti di apparente legalità difficilmente sanzionabili. È così che non basta qualche raffazzonata norma legislativa per sopperire alla contraddittorietà delle strutture su cui la globalizzazione economica ha trascinato le moderne democrazie. La lotta contro le disuguaglianze e le corruzioni, pubbliche e private, illegali o elusive, deve essere ormai considerata il principale obiettivo per far sopravvivere le società che le corrette idee del passato ci avevano, prima della loro disgregazione, consegnato attraverso la tutela dei diritti dei cittadini.
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