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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2014 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 20 giugno 2014 alle ore 15:29.

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Le conclusioni della visita annuale dell'Fmi in Italia, consegnate al ministro Pier Carlo Padoan martedì, iniziano in modo insolito: con una citazione del presidente del Consiglio.

Il Fondo riprende le parole del primo discorso al Senato di Matteo Renzi: «Il nostro è un Paese arrugginito, un Paese impantanato, incatenato da una burocrazia asfissiante, da regole, norme e codicilli...». La scelta dell'Fmi di riproporre questo passaggio e usarlo come occhiello alle sue raccomandazioni serve una duplice funzione. Da un lato, è un riconoscimento implicito dell'analisi del premier, un'indicazione di una sintonia di vedute, e quindi una sorta di plauso indiretto. Dall'altro, però, dato il contenuto impietoso, il richiamo serve anche a indicare quanto vi sia ancora da fare.

L'aspetto più rilevante delle raccomandazioni del Fondo sta nel netto superamento dell'austerità. Il loro filo conduttore, univoco, è quello del ritorno alla crescita, a cominciare dallo stesso titolo: «Sbloccare il potenziale di crescita dell'Italia». Tema ripreso nel resto del testo, con continui riferimenti all'occupazione, agli investimenti, alla ripresa dei prestiti bancari, e a una politica di bilancio favorevole alla crescita. La finanza pubblica, che tanta attenzione riceve a Bruxelles, viene trattata solo dopo le riforme strutturali e il settore finanziario. E in modo diverso, senza alcun riferimento a obiettivi nominali. Certo, il debito va tagliato, ma gradualmente, senza «deragliare la fragile ripresa economica». A tal fine, sarebbe utile conseguire un modesto avanzo strutturale già dall'anno prossimo, ma solo se la ripresa si consolida.

In questa chiave, viene dato anche contenuto concreto alla frase, spesso sbandierata a livello europeo, del «consolidamento favorevole alla crescita». Il Fondo offre così una carta al governo Renzi per una modifica dell'approccio europeo, da giocare a Bruxelles durante la presidenza italiana. Per sostenere la ripresa, il Fondo indica un consolidamento che, grazie anche a una spending review «permanente», permetta di ridurre le aliquote fiscali (e le troppe agevolazioni) e aumentare la spesa produttiva.

Qui il dito viene posto su una grave piaga della spesa pubblica italiana: la sua accentuata parzialità generazionale. Nonostante le riforme pensionistiche, la spesa resta pesantemente orientata a favore degli anziani e assai poco verso l'istruzione. Da cui l'invito del Fondo a spostare risorse dalle pensioni più elevate verso l'istruzione e le politiche attive del lavoro, riducendo così l'ampio squilibrio intergenerazionale.

Tra le riforme strutturali, il Fondo si concentra sul mercato del lavoro, la giustizia, la concorrenza, la politica a favore delle Pmi e, certo, la lotta alla corruzione (tema inusuale per un'economia avanzata). Nel mercato del lavoro, viene appoggiato il contratto a tutele crescenti, come previsto dal Jobs Act. Affinché aumenti l'equità tramite la riduzione del dualismo, dovrebbe però sostituire gli attuali contratti a tempo indeterminato.
La raccomandazione per salari regionali differenziati nella Pubblica amministrazione è stata subito caratterizzata dal ministro Padoan come «una vecchia raccomandazione del Fondo». In effetti lo è, ma non per questo meno valida, e non è sufficiente che la riforma della Pa, come ha ricordato il ministro, preveda di «premiare i dipendenti pubblici» meritevoli. La questione è ben più ampia.

Solleverà qualche polemica il consiglio, per di più sotto la rubrica della lotta alla corruzione, di ripristinare il reato di falso in bilancio e di modificare le norme sulla prescrizione. Ci si attende invece che saranno considerate attentamente, dalla Banca d'Italia e dagli altri organi di vigilanza, le raccomandazioni relative al settore finanziario - in particolare la necessità di una maggiore spinta per smaltire i crediti in sofferenza, al fine di liberare risorse e sostenere nuovi prestiti, sull'onda delle misure Bce.
Nel complesso, ha ragione Padoan a dire che la pagella del Fondo assegna dei «buoni voti» al governo, ma anche che non si tratta di «voti pieni». Questo non tanto per via di critiche alle intenzioni del governo (non ve ne sono), ma soprattutto perché restano appunto delle intenzioni. Da cui i ripetuti richiami ad «azioni coraggiose e rapide», alla necessità di «tradurre idee in azioni concrete» (sul Jobs Act), di «portare avanti l'impegno» (in tema di concorrenza), ecc. Insomma, insiste il Fondo, «l'attuazione di un reale cambiamento è ora fondamentale per rafforzare la fiducia e il sostegno alle riforme».

Si tratta in sostanza di un'apertura di credito a un governo ancora giovane. Ma tali aperture sono strettamente condizionali. In assenza di risultati concreti, vengono ritirate prontamente. Si proceda dunque all'azione, in modo da guadagnarsi i pieni voti quando, tra un mese circa, il consiglio d'amministrazione del Fondo esaminerà il rapporto finale dello staff sull'Italia. Sarebbe una pagella utile da portare ai tavoli di Bruxelles, poco dopo l'avvio del semestre europeo.

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