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07 settembre 2014

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Manca la fiducia, motore dell'economia

Le previsioni che fino a pochi mesi fa erano di una graduale ripresa dell'attività economica sono andate disattese. Gli ultimi dati hanno evidenziato un ritorno alla recessione per l'Italia, una stagnazione per la Francia e una contrazione del PIL dello 0,2% per la Germania, che fino a poco fa sembrava superasse quasi immune la crisi economica europea.

Anche le successive statistiche sugli indicatori di attività manifatturiera hanno confermato un significativo rallentamento sia in Italia che in Germania. Le previsioni di un'effettiva ripresa sono, ormai in modo ripetuto, spostate sempre più avanti. Cosa dobbiamo pensare a questo punto?

In un mio precedente articolo, in modo provocatorio, riportai una celebre frase di John Galbraith, tra i più conosciuti e influenti economisti del secolo scorso, che negli anni novanta disse: «La sola funzione delle previsioni degli economisti è far sembrare rispettabile l'astrologia». Le previsioni delle più importanti e autorevoli istituzioni economiche vengono corrette, anche in modo significativo, su base trimestrale minandone, di fatto, l'affidabilità per il futuro.

Oltre ad eventi che non possono essere previsti, come ad esempio quelli che derivano da tensioni geopolitiche, le maggiori criticità nelle previsioni derivano dall'utilizzo di metodologie che, nonostante rappresentino lo stato dell'arte della conoscenza scientifico-economica, si basano quasi esclusivamente o esclusivamente su dati quantitativi che, per definizione, sono dati del passato. Al massimo si può disporre di dati quasi in tempo reale, ma non esistono dati quantitativi sul futuro. Quindi, le stime che utilizzano queste metodologie scontano il fatto di avere "memoria del passato" e le previsioni che ne derivano incorporano comportamenti, eventi, tendenze e relazioni di causa-effetto che hanno caratterizzato il passato. Sempre più difficoltà incontrano questi indicatori nel prevedere cambiamenti e innovazioni radicali nel paradigma economico.

Faccio un esempio molto semplice. Da recenti analisi su individui e famiglie emergono segnali di un cambiamento radicale nei comportamenti di consumo. Ad esempio, il maggior ottimismo (o minor pessimismo) sul futuro non si traduce più (come prima) in modo automatico in comportamenti di spesa. La fiducia dei consumatori, che ha registrato una riduzione negli ultimi due mesi (luglio e agosto), rimane comunque su valori tra i più alti dall'inizio della crisi e superiori al 2007, prima della crisi stessa. A questi livelli di fiducia, però, non corrisponde un risveglio della spesa per consumi. Anche nelle imprese, l'ottimismo crescente non si traduce in investimenti, ma solo in una prospettiva di investimento.

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