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07 settembre 2014

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Renzinomics: lo slancio c'è, ora i fatti

CERNOBBIO - Aspettando (Godot) Renzi. A Cernobbio va in scena la rivisitazione di un classico del teatro di Samuel Beckett. Tutti - da imprenditori a top manager - sono in attesa che le intuizioni si trasformino in provvedimenti concreti e le linee programmatiche in atti legislativi e in processi amministrativi in grado di modificare la natura profonda del Paese. Molti non hanno condiviso la scelta di lasciare invariato il peso fiscale sulle imprese (l'Irap inchiodata) e di privilegiare gli 80 euro, dagli effetti incerti sui consumi (come ha dimostrato l'andamento del Pil).

Fra i presenti al Forum Ambrosetti («ha fatto male Renzi a non venirci», hanno detto Alberto Bombassei e Corrado Passera), non pochi avevano accolto con interesse la novità (e l'energia) del "giovin fiorentino". Tutti, adesso, sono unanimi: per salvare il Paese, serve una fase due. Più operativa nella sostanza, a favore delle imprese e dell'occupazione. Con maggiore perizia nelle forme. «Renzi ha doti politiche come il coraggio e la forza – dice Paolo Merloni, presidente di Ariston Thermo – ora vedremo se avrà la costanza per curare tutti gli atti necessari per cambiare il Paese. Ci sono le leggi. E, poi, ci sono i regolamenti e i decreti attuativi». Le condizioni generali sono irripetibili. Riflette Merloni, la cui azienda - 6.600 addetti - ottiene all'estero l'89% degli 1,35 miliardi di euro di ricavi e ha in Italia un terzo della produzione: «Quando mai ricapiteranno tassi a zero e uno spread così basso? Adesso bisogna fare le riforme strutturali».

Per ridare competitività economica al Paese, serve precisione chirurgica nel processo legislativo. «Del Jobs Act – riflette Stefano Scabbio, da dieci anni amministratore delegato di Manpower Group Italia – è condivisibile lo spostamento dagli ammortizzatori sociali passivi a quelli attivi. La criticità maggiore è la trasformazione della parola in realtà. Il Jobs Act è una raccolta di diverse ipotesi. Manca la parte esecutiva». Scabbio, da quattro anni, è anche amministratore delegato di Manpower Group Iberia: Spagna e Portogallo. Della Spagna, dunque, ha toccato con mano la caduta nel coma e, ora, il risveglio. «A Madrid – dice Scabbio – hanno fatto la riforma del mercato del lavoro e hanno elaborato precise linee di politica industriale. Hanno deciso che volevano tornare a fare auto.

Così hanno introdotto incentivi duraturi e nitidi. Risultato: Nissan e Peugeot hanno spostato fabbriche dalla Francia alla Spagna». Dunque, riduzione del peso fiscale sulle imprese, flessibilità sul mercato del lavoro e, soprattutto, un'idea di Paese – economica e civile – che (per ora) si stenta a intravedere. «Certo – dice Manfredi Catella, investitore immobiliare che negli ultimi dieci anni ha puntato sul nostro Paese tre miliardi di euro – la semplificazione della costituzione di società quotate immobiliari è utile. Ma, allo stesso tempo, serve una concezione di Paese. Pensate alla Londra di oggi. Dagli anni Novanta le élite inglesi hanno deciso che cosa essa sarebbe stata: la capitale economica di chi non vuole andare a New York. Nella globalizzazione, l'Italia deve sviluppare un pensiero su di sé come nazione e come reticolo di grandi città. Vedremo se Renzi sarà in grado di farlo».

Semplificazioni e un quadro di riferimento certo, dal punto di vista delle norme e dei tempi: è un'esigenza che sottolinea Aldo Bisio, amministratore delegato di Vodafone Italia. «Ogni volta che impiantiamo una nuova antenna ci prendiamo una causa che mediamente dura tre anni. Questo rallenta il passo degli investimenti», dice Bisio. Nonostante una realtà così complessa, resta una grande fiducia nel paese e Bisio ha in programma un investimento da 3,6 miliardi nei prossimi 28 mesi, per lo sviluppo della banda ultra larga per la telefonia fissa e mobile. «C'è una fiducia di fondo nell'Italia, resta la terza economia europea, in grado di sviluppare innovazione». E il governo Renzi secondo Bisio «presenta una volontà di progettazione del paese. C'è voglia di cambiamento. Le cose annunciate vanno nella direzione giusta, certo ora bisogna realizzarle». Per esempio, il taglio alla burocrazia previsto nel decreto sblocca Italia, la volontà di ridurre i tempi della giustizia. «Lo verificheremo. Noi come impresa facciamo la nostra parte, certo se non riusciremo a realizzare l'investimento nei tempi che ci prefissiamo, la casa madre li stornerà altrove». Una partita importante, che porterà occupazione: i 30mila posti dell'indotto potrebbero salire di altri 4-5mila.

«Le azioni che il governo ha annunciato sono tutte condivisibili, ora si tratta di farle», incalza Gianluca Garbi, amministratore delegato di Banca Sistema. Rispetto alle decisioni del governo, non avrebbe fatto la scelta del bonus di 80 euro in busta paga: «Sarebbe stato meglio destinare tutto al taglio dell'Irap, una misura che avrebbe avuto effetto sulle imprese, sugli investimenti e quindi sull'occupazione. Le famiglie meno abbienti non sono il primo soggetto che investe post crisi ed infatti l'effetto sul pil non si è visto», spiega Garbi. Per il resto l'elenco di provvedimenti che il presidente del Consiglio ha annunciato è condivisibile: «Bene il taglio delle municipalizzate, bene la riforma del mercato del lavoro». E Garbi sottolinea anche la novità delle decisioni della Bce: «Il fatto che possa acquistare anche covered bond con sottostanti mutui fondiari può dare un impulso al mercato delle costruzioni, che è una condizione importante per la ripresa». Quanto al pagamento dei debiti della Pa, per l'ad di Banca Sistema è essenziale affrontarlo in modo «non solo finanziario ma anche burocratico, stabilendo che dopo un certo periodo la fattura non è più contestabile, altrimenti ci sarà sempre un divario tra i crediti esigibili e le fatture emesse».

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