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Alla Cina il calcio di Milano per 1,7 miliardi

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INVESTIMENTI

Alla Cina il calcio di Milano per 1,7 miliardi

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La rivoluzione cinese in Serie A è maturata in poco più di un mese. Il 28 giugno, l'assemblea straordinaria dell'Inter ha sancito il passaggio al Suning Commerce Group del 68,55% del club (mentre il tycoon indonesiano Erick Thohir è rimasto per ora presidente con il 31%). Pochi giorni fa, dopo due anni di altalenanti trattative, Fininvest ha sottoscritto il contratto preliminare per la cessione del 99% del Milan a una società partecipata da una pluralità di aziende dell’ex Impero celeste. Tra queste l’unica nota al momento è Haixia Capital che fa capo al Governo di Pechino.

I due patron milanesi che hanno fatto la storia del calcio italiano e mondiale degli ultimi tre decenni, Massimo Moratti e Silvio Berlusconi, sono così usciti di scena. Il takeover cinese è costato circa 1,7 miliardi di euro (circa 600 milioni per l'Inter, tra equity value e indebitamento finanziario, e 740 milioni per il Milan, più 350 milioni di investimenti obbligatori in un triennio concordati con Fininvest). Più o meno la cifra impegnata da Moratti nella sua ventennale presidenza interista (mentre Berlusconi dal 1986 ha investito tra aumenti di capitali e prestiti 900 milioni).

La crisi del Calcio italiano Spa è coincisa con l'espansione del Football cinese voluta dal presidente della Repubblica popolare, Xi Jinping, intenzionato a elevare la Cina al rango di potenza planetaria, ospitando e magari vincendo entro il 2050 una Coppa del mondo. Un’espansione che ha generato una sorta di colonizzazione del Vecchio continente con l’acquisto, a partire dall’anno scorso, di partecipazioni anche in team spagnoli olandesi, inglesi e francesi. Il gruppo Dalian Wanda di Wang Jianlin, tra gli uomini d’affari più facoltosi della Cina e grande amico del presidente Xi, ha comprato in pochi mesi il 20% dell’Atletico Madrid, Infront, tra i principali intermediari di diritti tv in ambito sportivo, ed è diventato il primo sponsor cinese della Fifa. Mentre il consorzio formato da China Media Capital e Citic Capital ha rilevato per 400 milioni di dollari il 13% del City Football Group, la holding fondata dallo sceicco di Abu Dahbi Mansour che controlla tra gli altri il Manchester City e il New York City, franchigia della Mls americana. E poche settimane fa il Wolverhampton Wanderers Fc, che milita nella serie B britannica, è stato acquisito da Fosun International, gruppo guidato da Guo Guangchang (per Forbes l'undicesimo uomo più ricco della Cina con un patrimonio di 5,5 miliardi di dollari) per circa 50 milioni di sterline.

La penetrazione cinese quindi non coinvolge solo le squadre ma anche aziende specializzate nello sfruttamento economico del calcio (come Infront ed Mp&Silva) per assorbire tutto il know-how necessario a uno sviluppo del settore in chiave industriale. Quello sviluppo che la Serie A ha clamorosamente mancato nel corso degli anni Duemila, condannandosi a una marginalità sempre più marcata nel contesto europeo (con l’eccezione della Juventus). Un immobilismo (dagli stadi a politiche commerciali di sistema) che chissà se i nuovi investimenti cinesi riusciranno ora a debellare.

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