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Higuain al Chelsea, ultima chiamata per un eroe da tragedia greca

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Servizio |La nuova prova del 9

Higuain al Chelsea, ultima chiamata per un eroe da tragedia greca

Se ancora vi chiedete come mai nella finale di Brasile 2014 sprecò la palla che avrebbe potuto regalare la coppa all’Argentina, perché nella doppia semifinale di Europa League contro il Dnipro gettò alle ortiche occasioni a ripetizione e in Coppa America 2015 sbagliò il rigore decisivo, significa che di Gonzalo Higuain non avete capito niente. Se volete addentrarvi nel mondo ermetico e fumantino del numero 9 di Milan, Juventus e Napoli non aprite gli almanacchi, ma i tragici greci: il campione in partenza da Milano per fare rotta al Chelsea è infatti un eroe da tragedia greca. Vittima di un destino terribilmente vendicativo.
Erede designato della sconfitta. Nonostante abbia le doti di un semidio.

L’uomo che si fermava a 11 metri dalla storia
Sia chiaro: sulla carriera del Pipita nessuno ha ancora scritto la parola fine. Il trasferimento in prestito al mercato di gennaio ai Blues, dove riabbraccerà Maurizio Sarri (il meno blasonato tra i suoi allenatori, prima che lo conoscesse, il tecnico che in carriera l’ha valorizzato di più, col senno di poi), rappresenta un po’ l’ultima chiamata per l’attaccante argentino di 31 anni d’età. Dopo innumerevoli delusioni, pezzi di vita presa a calci in cui, più di una volta, avrebbe potuto fare la storia ma ha finito col toccare male il pallone, fare la scelta sbagliata, fermarsi a 11 metri dal colpo di grazia.

Maestro Sarri e la promessa di un miracolo
Adesso siamo davvero all’ultimo spettacolo: il Pipita è uscito dal giro della Nazionale argentina, quella albiceleste è l’unica maglia alla quale ha sempre tenuto, tra giugno e luglio si disputa di nuovo la Coppa America. In Brasile, dove nel 2014 sciupò la grande occasione mondiale. Il grande sogno è scendere di nuovo in campo, laggiù subito sotto l’Equatore, per lavare l’onta di cinque anni fa. Ma per arrivarci deve tornare a essere determinante. Con questo Milan sarebbe stato impensabile e allora si ritorna in ginocchio da Sarri, vediamo se il Maestro grazie al quale, tra il 2015 e il 2016, Higuain segnò 36 gol in serie A, battendo un record che durava da 66 anni, riesce pure in questa impresa. Serve il miracolo. Quant’è vero che la prepotente volontà di ribellione al proprio destino tragico è uno degli attributi più caratteristici dell’eroe tragico.

Eschilo e la hybris (che ci ribalta)
Ma che tragedia è quella di Higuain? La sua vicenda calcistica sembra rimandare all’arte di Eschilo. Perché è come se ci fosse una specie di logica nel destino tragico del Pipita: l’uomo che pecca di hybris, che si macchia cioè di tracotanza, viene ribaltato dagli dei. L’ambizione rovina Serse nella tragedia storica I persiani (472 a.C.), perché non si accontenta di battere gli ateniesi: vuole stravincere. Allo stesso modo Higuain si lascia con disinvoltura alle spalle i club in cui fa meglio, gli allenatori che lo capiscono, le piazze che lo amano di più sognando qualcosa di meglio rispetto a ciò che ha. Che si tratti di un club più competitivo, più soldi, l’occasione di fare la storia. Che per Higuain non è mai qui e oggi, come dovrebbe essere, ma sempre domani e altrove.

Quando l’uomo uccide le cose che ama
Semidio, dicevamo: in effetti il pedigree è proprio quello del predestinato. Figlio d’arte di un difensore del San Lorenzo, squadra per la quale fa il tifo papa Francesco, nasce a Brest, cittadina bretone dove papà gioca alla fine degli anni Ottanta, nota al mondo per essere finita nel titolo dell’ultimo film di Rainer Werner Fassbinder. Ve lo ricordate? Quello in cui una superba Jeanne Moreau cantava Each man kills the thing he loves. Ogni uomo uccide le cose che ama, giusto per restare in tema. Giovanissimo esplode nel River Plate tanto che il Real Madrid se lo compra appena 19enne, ai mondiali di Sudafrica Maradona ct gli carica addosso una squadra che dovrebbe avere in Messi il moltiplicatore di pani e pesci ma l’idillio dura lo spazio che separa la tripletta alla Corea del Sud dal disastroso 0-4 contro la Germania. Dovunque vada il Pipita è sublime, poi a un certo punto succede qualcosa che spezza l’equilibrio. Al Real Madrid parte come spalla ideale di Cristiano Ronaldo, poi finisce come riserva di Benzema.

L’uomo del destino (mancato)
Al Napoli arriva come l’uomo del destino, voluto da Benitez per far dimenticare Cavani. Ed è subito un Pipita indimenticabile: i tre ai piedi del Vesuvio saranno probabilmente ricordati come i migliori anni di Higuain calciatore, a meno che al Chelsea non ci stupisca. Il terzo, in particolare, quello di Sarri, dello scudetto perso e del record di gol in serie A. Che fare dopo? Restare in azzurro e provare a scrivere la storia vincendo il campionato? Tentare un’impresa che, prima di lui, è riuscita solo a Maradona, intestandosi in patria un’incredibile patente di credibilità? Perché in Argentina - è bene ricordarlo - Maradona, quando si parla di calcio (e non solo), resta il capo carismatico della nazione. Ennò: Higuain passa alla Juventus che paga la clausola di rescissione del suo contratto. Si intesta la patente di calciatore più odiato nella piazza che ama di più i suoi campioni, quasi un Alcibiade che si vendica di Atene collaborando con Sparta. In bianconero ha intorno a sé una squadra formidabile, vince due scudetti ma perde due Champions. L’obiettivo vero per il quale era stato acquistato.

Se l’ottimo è nemico del bene
Diventa chiaro a tutti che non è lui l’uomo del destino, soprattutto quando a Torino arriva l’uomo del destino vero (vedi alla voce CR7). Finisce parcheggiato al Milan, ancora un’occasione di rinascita ma è stanco, svogliato, appesantito, triste, solitario y final, per citare un altro grande tifoso della squadra in cui giocava papà Higuain. Maledetta hybris. Chissà se il Pipita, mentre fa le valigie per Londra, lo ha capito. Perché la sua parabola è stata esattamente questo: trionfa, si sente parte di un destino più grande e, allora, fugge il bene alla ricerca dell’ottimo. Ma durante la corsa inciampa, forse perché fa un passo in più del dovuto, e resta a terra. Perché l’ottimo è sempre nemico del bene. Chissà se quel perfezionista di Sarri, al Chelsea, farà in tempo a spiegarglielo.

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