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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2010 alle ore 13:20.
Arriva l'iPad. La tavoletta digitale di Apple è tra le legittime aspettative dell'industria editoriale che conta di trovare finalmente un modello di business digitale. Le attese per la novità sono elevate: si registrano fenomeni di iperesposizione mediatica, già visti, ma comunque singolari, e sconcertanti atteggiamenti di incondizionato entusiasmo dai tratti "religiosi".
Oggetto di culto o potenza del marketing. Qualsiasi oggetto riporti il marchio di Apple è ormai considerato al di sopra delle parti. Non è quasi neppure un prodotto, un oggetto commerciale al pari degli altri, ma una scoperta della scienza. Gode di un trattamento speciale e giudicato a priori innovativo e rivoluzionario. E' successo tante volte in passato, sta accadendo di nuovo con l'iPad. Intendiamoci, non che la tavoletta che Steve Jobs ha definito "magica" non abbia le carte in regola per sfondare; ha già avuto un successo imprevedibile di vendite negli Stati Uniti e si appresta a fare il bis in Europa e Italia. L'iPad ha la cifra tecnologica e i contenuti necessari per stupire e soddisfare gli utenti. Solo che è ormai prassi usare tutta l'indulgenza possibile per i dispositivi che hanno una Mela morsicata cucita addosso. Non è solo merito del marketing: Apple, in effetti, ci ha abituato a oggetti con una qualità costruttiva ineccepibili e con un design straordinariamente curato. Device facili da usare e rivoluzionari. Però non può essere sempre tutto targato come bello e mai visto prima. In modo aprioristico, acritico e, diciamolo fideistico. Solo perché il marchio è una mela morsicata. Sarebbe lo stesso per altre case, come Hp o Samsung? Sony o Asus? Microsoft o Htc. Crediamo di no. C'è di più, c'è un misto quanto meno singolare di azioni di lobbing e di fidelizzazione di "influenzatori": giornalisti, artisti, registri e scrittori. Già, è noto che Apple ha chiamato a raccolta da tempo i suoi friends, i suoi evangelisti, convinti Heart and Soul di appartenere a un'élite. Anzi, a una chiesa, a una vera e propria religione con tanto di adepti che applaudono battendo le due "alve" dei loro Mac portatili quando il loro profeta Jobs appare in pubblico, oppure scrivono recensioni su giornali e siti web senza neppur un dubbio, senza domandarsi se sia il caso di essere più laici e meno fedeli alla linea di Cupertino. E i difetti, le mancanze, le blindature non vengono criticate, analizzate, ma giustificate come scelte. Scelte da accettare come dogma della chiesa della Mela