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Ecco chi è l'uomo che chiede 19 miliardi di dollari a Facebook (ma rischia di pagarne milioni in danni)

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2010 alle ore 18:07.

Va avanti Paul Ceglia, lo sconosciuto programmatore di New York che si è rivolto alla magistratura rivendicando l'84% della proprietà di Facebook. Intervistato da John Anderson, il direttore del Daily Wellsville, il quotidiano americano che per primo ha pubblicato la storia, Ceglia ha ribadito: «Ho dato una mano a iniziare questo business incredibile ed è giusto che ottenga quanto mi spetti. Sarò felice non appena arriverà il verdetto. Certo, sono un sacco di soldi». L'uomo, però, se dovesse perdere la causa rischierebbe danni e spese milionarie.

Lo stesso non pare disposto a patteggiare, come invece hanno fatto l'anno scorso i fondatori del social newtork ConnectU, i fratelli Winklevoss, Tyler Howard e Cameron che con Divya Narendra si sono scagliati contro Facebook. Anche in quel caso l'attacco contro il 26enne fondatore di Facebook, Mark Elliott Zuckerberg, andava a intaccare la proprietà del più popolare social network del web che ha superato la soglia del mezzo miliardo di utenti. Il patteggiamento ha portato nelle tasche degli accusatori 20 milioni di dollari in contanti più azioni valutate al momento 45 milioni di dollari.

Ceglia, però, sembra intenzionato ad andare dritto in una causa che potrebbe prolungarsi anche per molto e che intanto obbliga la società Facebook - fino a decisione contraria dei giudici - a non poter cedere asset. «Ho pagato (Zuckerberg, ndr) per scrivere il codice (del sito, ndr)». Ha spiegato l'uomo che, difatti, rivendica 19 miliardi di dollari. Secondo Forbes, infatti, il controvalore del sito - che secondo quanto recentemente dichiarato da Zuckerberg non esclude una quotazione in Borsa - si attesta intorno ai 23 miliardi di dollari. Se Ceglia dovesse vincere la causa, pertanto, si troverebbe in tasca un patrimonio di 19 miliardi di dollari ed entrerebbe a pieno titolo nella classifica dei 400 americani più ricchi stilata dal magazine americano. Qualora il processo aprisse la strada del patteggiamento, applicando gli stessi parametri utilizzati per la causa intentata dai fondatori di ConnectU, Ceglia potrebbe uscirne con 403 milioni di dollari, restando tuttavia totalmente al di fuori della proprietà di Facebook.

Ceglia, però, a sentire l'altra campana rischio di essere costretto a pagare enormi spese giudiziarie da aggiungere a danni milionari qualora si scopra che il suo attacco nei confronti di Facebook ha natura fraudolenta. Interpellato da Forbes, il capo comunicazioni di Facebook non ha escluso questo scenario: «Fin dall'inizio abbiamo sostenuto che le dichiarazioni di Ceglia sono assurde e che la causa intentata si poggia su argomentazioni frivole, se non addirittura fraudolente. Sostiene di aver firmato un contratto (con Zuckerberg, ndr) nell'aprile del 2003, periodo in cui Zuckerberg non aveva neppure concepito l'idea di creare Facebook, e tanto meno creato la società. Ceglia, inoltre, si è rifiutato di esibire il contratto originale e la copia che abbiamo visto è un falso, con le dimensioni di margini e caratteri incoerenti e altre evidenti discrepanze. Continueremo a difendere vigorosamente questa azione legale priva di fondamento».

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Zuckerberg si difende: «Mai firmato un contratto per cedere la proprietà». E pensa all'Ipo di Facebook

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Tags Correlati: Adam Guerbuez | Andrew M. Cuomo | Atlantis Blue Capital | Borsa Valori | George W. Bush | Giustizia | John Anderson | Paul Ceglia | Tyler Howard |

 

Il passato sospetto di Ceglia. Il newyorkese che vuole conquistare Facebook va all'attacco, nonostante abbia un passato turbolento con la giustizia. L'anno scorso, infatti, il procuratore generale dello Stato di New York, Andrew M. Cuomo, lo ha accusato di aver frodato i clienti della sua azienda specializzata nella produzione di legno in pellet (un combustibile ricavato dalla segatura essiccata) per un importo complessivo (tra mancati rimborsi e consegne) di 200mila dollari.

Le precedenti vittorie di Facebook. Il patteggiamento milionario tra Facebook e i fondatori di ConnectU non è l'unico precedente legale in cui il social network è stato coinvolto. Lo scorso ottobre la società ha vinto una causa da 711 milioni di dollari ai danni di Sanford Wallace, conosciuto come il "re dello spamming" per aver violato il Can-Spam Act, legge firmata da George W. Bush nel 2003. In una causa precedente, Facebook ha ottenuto il diritto al risarcimento danni di 873 milioni di dollari vincendo una causa contro Adam Guerbuez e Atlantis Blue Capital, colpevoli di aver inviato email spazzatura. Insomma, i precedenti parlano chiaro: se Ceglia mente rischia un "povero" finale.

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