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Digitale terrestre alla prova del nove. Come evitare lo «schermo nero» con lo switch off nel nord Italia

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2010 alle ore 12:39.

Il ministro Romani: parte delle risorse dell'asta sulle frequenze tv restino al settore (di Carmine Fotina)

È iniziato lunedi 25 ottobre, terminerà - dopo varie tappe che interesseranno oltre 20 province - il 22 dicembre: nell'arco di due mesi il passaggio definitivo dalla televisione analogica per il Nord Italia, Liguria esclusa, sarà cosa fatta. Polemiche e disservizi a parte – anche di natura informativa, come ha denunciato la scorsa settimana Adiconsum criticando la scarsità di comunicazione, a soli cinque dall'inizio dello switch off, dei siti istituzionali delle regioni interessate – scatta quindi ufficialmente la nuova era della tv digitale per qualche milione di famiglie italiane e diverse migliaia di comuni.

Oltre 2.000 quelli soggetti a migrazione nei prossimi 30 giorni fra Lombardia, che ne elenca circa 1.500, Piemonte ed Emilia. La promessa è sempre la stessa: maggiore disponibilità di canali in chiaro (solo quelli Rai, almeno sulla carta, sono 13), migliore qualità di visione, più possibilità di scelta. Le raccomandazioni di base non cambiano – serve un decoder, interno al televisore o esterno, da collegare alla presa dell'antenna e un impianto di ricezione (l'antenna sul balcone o sul tetto) che non sia obsoleto o mal funzionante – e tornano ovviamente di stretta attualità le promozioni delle catene di elettronica, pronte a sfruttare ancora una volta l'occasione per impacchettare con gli sconti del caso decoder, tve abbonamenti ai servizi a pagamento. Sempre valido, per completare il quadro, anche il contributo statale di 50 euro per l'acquisto di un decoder interattivo, beneficio accessibile a chi ha compiuto 65 anni con un reddito pari o inferiore a 10mila euro annui ed è in regola con l'abbonamento Rai.

Non mancano, però, neppure i problemi, quei problemi di natura tecnica che hanno interessato sia Piemonte occidentale che Lazio e che di fatto hanno "suggerito" alle autorità competenti lo slittamento dell'inizio delle operazioni di switch off in Lombardia, inizialmente fissato per il 15 settembre. L'incompatibilità radioelettrica con la confinante Toscana (dove lo switch off è previsto nel 2012) che impone alla Liguria di aspettare ancora sei mesi per migrare totalmente al digitale è un caso limite. Il rischio che molti si possano trovare di fronte allo schermo nero con la scritta "assenza di segnale" non è remoto e riguarda soprattutto le aree rurali e montane: vari comuni di Varese, Sondrio, Como e Lecco (interessati dal passaggio fra venerdi 29 ottobre e martedi 2 novembre) potrebbero evidenziare alcune lacune di copertura e conseguenti problemi di ricezione dei canali digitali da parte degli utenti, anche se provvisti di apposito decoder.

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Un vero banco di prova per l'affidabilità della piattaforma, e quindi della bontà degli aggiornamenti apportati ai sistemi di trasmissione, sarà quindi Milano, per cui è previsto lo spegnimento il prossimo 26 novembre. C'è chi è pronto a scommettere che verranno al pettine molti nodi che hanno caratterizzato tutto il percorso di switch off e in modo particolare le preoccupazioni maggiori sono legate a tre ordini di problemi, fra loro convergente: l'elevato numero di emittenti private lombarde che trasmettono in analogico e il fatto che tutte o quasi reclamino un posto al sole anche sulla piattaforma digitale nel balletto senza fine dell'assegnazione delle frequenze e dei tasti sul telecomando.

Da una parte le tv locali continuano a denunciare (a suon di ricorsi al Tar) l'insufficienza qualitativa e quantitativa delle frequenze disponibili da cui trasmettere: alcuni emittenti venete, tanto per fare un esempio, dovranno probabilmente rassegnarsi a chiedere ospitalità sulle frequenze slovene e croate per non interrompere bruscamente le rispettive trasmissioni. Dall'altra si aspetta come panacea il nuovo ordinamento automatico dei canali, il cosiddetto Lcn (Logical channel number), che doveva arrivare entro la prima metà di ottobre e che, si dice, arriverà su base nazionale solo settimana prossima.

A pagare il possibile dazio di inattesi oscuramenti ci sono in particolare le persone anziane e in genere quelle con meno confidenza con le apparecchiature elettroniche: prevedere un fiume di proteste e telefonate (il call center del Ministero dello Sviluppo Economico è raggiungibile al numero verde 800 022 000) sarà anche allarmistico ma non è troppo lontano dalla realtà. Il rischio che molti utenti si trovino dalla sera alla mattina nella condizione di vedere solo alcuni programmi (le tre reti Rai, le tre di Mediaset, qualche locale) esiste e ed è risaputo che il nodo digitale sia nella necessaria (e costosa) conversione dei trasmettitori issati sui tralicci distribuiti sul territorio. Il problema non è tanto dei ripetitori della tv di Stato, che sono stati oggetto di intervento, quanto per quelli di proprietà di privati, Comuni o Comunità montane. Per certi versi il passaggio al digitale terrestre è una sorta di terno al lotto. Se non si vince (si vive cioè in un'are scoperta dal segnale), c'è sempre la soluzione alternativa: armarsi di pazienza, spendere qualche soldino aggiuntivo per un decoder e una scheda "ad hoc" ed entrare nella nuova era delle televisione tramite satellite con TivùSat, la piattaforma ibrida nata per volontà di Rai, Mediaset e Telecom Italia Media.

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