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Tecnologie Media

L'Agcom stabilisce i primi obblighi per le web tv e web radio. Ecco che cosa prevedono

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 dicembre 2010 alle ore 21:15.

I primi obblighi per le web tv e web radio, appena stabiliti dall'Autorità garante delle comunicazioni (Agcom), gettano dubbi e confusione tra gli utenti internet. Fioriscono polemiche: tanto che Marco Cappato dei Radicali ora annuncia: «Creeremo una piattaforma web tv Hackthgov.it, in esplicita violazione della normativa Agcom, invitando alla disubbidienza degli utenti». Le nuove norme sono in via di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, dopo di che entreranno subito in vigore: da Agcom prevedono «tra un paio di settimane».

È opportuno chiarire nel frattempo, quindi, quali sono i soggetti a cui si applica la normativa. Rispondiamo così agli interrogativi che affollano il web italiano in queste ore. Il tutto riguarda le web tv e le web radio che fatturano oltre 100 mila euro in un anno. Primo chiarimento: il fatturato deve riguardare solo i ricavi associati a queste attività. Non vanno calcolate, quindi, per esempio, le vendite e-commerce di un sito che fa anche web tv. Il che vale sia per le emittenti con un palinsesto sia per quelle basate su file audio/video on demand (ci sono solo piccole differenze normative tra i due casi).

Attenzione, va chiarito anche che cosa siano una web tv e una web radio. Sono siti centrati su queste attività. Sono esclusi quindi i blog che pubblicano file multimediali occasionalmente oppure i siti giornalistici che fanno capo a gruppi editoriali tradizionali.
La normativa esclude dall'accezione di web tv/web radio anche le "community" (così definite dall'Autorità). Cioè siti tipo YouTube, dove i video sono pubblicati dagli utenti nell'ambito di un social network. Qui c'è però un punto di ambiguità, segnalato da Nicola D'Angelo, un consigliere Agcom che si è opposto alla normativa. Si stabilisce infatti che rientrano nei nuovi obblighi le community che soddisfano due requisiti: quelle che hanno una responsabilità editoriale nel pubblicare audio/video e che fanno concorrenza alla tv tradizionale. Sono due parametri difficili da giudicare e quindi daranno forse adito a incertezze nell'applicazione della norma.

Potrebbe quindi restare, nei prossimi mesi, qualche dubbio sul fatto che certe community debbano o no sottostare ai nuovi obblighi.

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Questi ultimi iniziano con una dichiarazione che si sta per cominciare a trasmettere sul web. Beninteso, non è una richiesta di autorizzazione. Le emittenti si limitano a comunicare l'inizio delle trasmissioni al ministero allo Sviluppo Economico. Quelle on demand possono cominciare subito, mentre quelle con palinsesto devono aspettare 30 giorni. C'è un costo iniziale poi di 500 euro per le web tv e 150 euro per le web radio. Si noti che la prima bozza di regolamento prevedeva un costo di 3 mila euro annuali (invece che una tantum come ora), per qualsiasi web tv/web radio (a prescindere dal fatturato) e l'obbligo di un'autorizzazione preventiva.

Questi aspetti sono stati quindi molto alleggeriti durante l'iter normativo. Le principali polemiche adesso infatti si concentrano sugli obblighi successivi all'inizio delle attività. L'Autorità ha stabilito, infatti, che alle emittenti soggette alla normativa si applichino gli stessi obblighi delle tv tradizionali. Tetti pubblicitari, obbligo di rettifica, tutela dei minori, iscrizione a un registro, registrazione dei programmi, tra le altre cose. Nei prossimi mesi si scoprirà come e se queste regole, nate con la tv via etere, siano effettivamente applicabili ai contenuti diffusi via internet. Le web tv e le web radio che fatturano più di 100 mila euro dovranno infatti organizzare la propria piattaforma tecnica e lo staff interno per soddisfare i nuovi obblighi. Pena le stesse sanzioni previste per le emittenti tradizionali.

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