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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2011 alle ore 11:35.
Dall'inviato Daniele Lepido
BARCELLONA - Andy Rubin è un ragazzo altissimo con la passione per gli orologi colorati. È un potente vicepresident di Google ed è anche il padre di Android, il sistema operativo per cellulari che tra il 2009 e il 2010 è passato da una quota di mercato del 3,9% a quasi il 23 per cento, piazzandosi al secondo posto dopo il morente Symbian. Il Sole 24 Ore lo ha incontrato al Mobile world congress di Barcellona, per parlare (non solo) della sua "creatura".
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Partiamo dalla cronaca. Perché Nokia ha "sposato" Windows Phone 7 anziché Android? La risposta ufficiale è stata: se avessimo implementato la piattaforma di Google si sarebbe rischiato il monopolio. Lei si sente un monopolista?
(Ride). No, assolutamente, proprio il contrario. Monopolio è il termine più sbagliato e mi meraviglio che qualcuno lo stia usando in questo momento in relazione a un prodotto come Android, quando ci sono sistemi incredibilmente più chiusi. E comunque non c'è solo Nokia, che è un'azienda che rispetto molto, ma per esempio Motorola ha appena deciso di abbracciare Android al posto di Windows Phone 7.
Lei parlava di sistemi chiusi. Si riferiva ad Apple?
Ognuno è libero di scegliere la propria strada. Dico solo che i monopoli sono un'altra cosa. Android è un ecosistema completamente aperto e io non ne ho il controllo. Quando usi una licenza open source e sviluppi qualcosa è come se questo qualcosa lo mettessi in mare, lasciandogli vivere la sua vita e permettendo che altri lo migliorino. In fondo questo è il segreto dell'intelligenza collettiva. Se qualcuno, poi, vuole prendere una direzione diversa, lo può fare senza problemi. Non vedo quindi rischio di monopolio qui in giro, almeno vicino a noi.
Ha in mente nuovi modelli per l'advertising online?
Il punto di partenza è sempre la mobilità, perché sulle piattaforme mobili la pubblicità avrà un valore molto superiore a quello di altri media, forse persino della vecchia televisione generalista perché quando un inserzionista riesce a entrare nel cellulare di una persona, ammesso ovviamente che questa abbia dato il permesso, è probabile che raggiunga meglio il suo obiettivo informativo. Tutto poi va elevato all'ennesima potenza per i social media. Oggi le parole-chiave sono alla base degli spot su internet, mentre nei prossimi mesi diventerà sempre più importante la geolocalizzazione. Ecco allora che lo spazio e il tempo, il luogo preciso nel quale una persona si trova, così come l'ora, si affiancheranno alle parole-chiave. Senza dimenticare che l'altra grande opportunità per gli investitori sarà legare la pubblicità alle apps.