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Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2011 alle ore 12:16.

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Vittorio Colao numero uno mondiale di Vodafone, dal palco del Mobile world congress di Barcellona (Epa)Vittorio Colao numero uno mondiale di Vodafone, dal palco del Mobile world congress di Barcellona (Epa)

BARCELLONA - News, musica e film. Non è più considerata un'eresia dare un prezzo ai contenuti del cyberspazio, alla faccia della pirateria. A dirlo, questa volta, non sono i soliti "cattivissimi" editori – da Carlo De Benedetti a Fedele Confalonieri – ma il numero uno mondiale di un altro attore della filiera: un gestore di telefonia. A sostenere la causa dei contenuti è stato ieri un inedito Vittorio Colao, l'italianissimo numero uno mondiale di Vodafone, che dal palco del Mobile world congress di Barcellona ha tenuto banco con una lectio fuori dagli schemi.

Assieme a lui altri quattro top manager delle telco mondiali, moderati da un Franco Bernabè alla sua prima uscita come presidente della Gsma Association: César Aliérta di Telefónica, il presidente di China Mobile, Wang Jianzhou, Randall Stephenson di At&t e Daniel Hajj di América Móvil.

«Se mettessimo le lancette dell'orologio indietro di un anno – ha detto Colao – e tornassimo alle cose che ci eravamo detti proprio qui l'anno scorso, vedremmo che il futuro è stato migliore delle nostre aspettative. Per esempio aveva torto chi diceva che le persone non sarebbero state disposte a pagare i contenuti. Il mondo delle apps, ma non solo, sta dimostrando il contrario». E ancora: «L'universo dei media e dell'entertainment sta vivendo un momento importante e la monetizzazione dei contenuti è per noi una grande opportunità». Del resto un «ottimista digitale», come si è definito Colao, non potrebbe che cercare nuovi business e sfruttare la «congiunzione astrale favorevole» che sembra farsi avanti con l'esplosione del traffico dati e della banda larga mobile. Tutti fenomeni trainati dal successo contagioso degli smartphone.

Eppure questo sembra anche il tempo giusto per dare inizio a una delle battaglie più difficili (e curiosamente più impopolari) che l'industria della telefonia si appresta a ingaggiare: quella per condividere gli investimenti nelle infrastrutture di rete con gli over the top, gli operatori come Google o Facebook, affamati di banda e quindi tra i principali responsabili dell'affollamento delle autostrade digitali (ma anche della positiva generazione di traffico, che agli operatori non dovrebbe dispiacere). In questo senso la posizione espressa lunedì sul Financial Times da Franco Bernabé era stata netta: «Niente più pasti gratis per chi fa uso massiccio dei nostri network senza contribuire al loro sviluppo», aveva detto Bernabè. Durissimo in questo senso anche Alierta, che ha sostenuto la necessità di trovare «un nuovo modello di business per finanziare le reti, senza contare che le telco sono le uniche ad essere regolamentate, a differenza di altri attori di internet. Ecco perché la cooperazione è fondamentale».

Ecco allora crearsi un nuovo ecosistema, il più possibile aperto, come ha sostenuto il ceo di At&t, Randall Stephenson, che non ha fatto neppure mancare una gentile stoccata alla Apple, alla quale si potrebbe mettere «qualche paletto» stimolandola ad aprire il proprio store. Gli ha fatto eco il presidente di China Mobile, che ha sostenuto di «non stancarsi mai di chiedere piattaforme più interoperabili», mentre Daniel Hajj di América Móvil ha richiamato l'importanza dei collegamenti mobili per i paesi in via di sviluppo.


Tornando agli over the top, mentre tutti attaccano a Colao esce una frase quasi in controtendenza: «Dobbiamo ringraziare Android (quindi Google, ndr) per i risultati raggiunti fino ad ora», alludendo alla sua capacità di essere driver per l'industria.

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