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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2014 alle ore 16:35.
L'ultima modifica è del 11 giugno 2014 alle ore 17:23.

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Da gregario delle energie rinnovabili italiane a poderoso alleato dell'energia solare, o addirittura concorrente diretto. L'eolico cerca di farsi largo grazie all'evoluzione della tecnologia, alla buona filiera industriale dei nostri apparati, e soprattutto alle proiezioni di redditività dell'energia che nasce dal vento. Che "tra pochi anni potrebbe garantirsi l'assoluta competitività non solo con l'energia solare ma anche con le più moderne centrali termoelettriche a ciclo combinato di gas" afferma Simone Togni, presidente dell'Anev, anticipando i contenuti del convegno che l'associazione degli imprenditori del vento terrà giovedì a Roma.

Un miraggio? Niente affatto. "L'attuale costo di generazione dell'energia elettrica in Italia si è ridotto a circa 40 euro a megawattora, rispetto ai 75-80 euro a megawattora di qualche anno fa. Ma tornerà inevitabilmente a salire. Nel frattempo - afferma Togni - la tecnologia dell'eolico farà nuovi consistenti progressi. E stimiamo che attorno al 2020 con un costo medio di generazione attorno ai 60 euro al megawattora l'eolico potrà raggiungere la market parity", ovvero alla competitività assoluta nei costi di produzione. Surclassando di molto l'obiettivo a cui sta puntando il solare fotovoltaico, ovvero alla grid parity, la competitività di costo dell'energia autoprodotta rispetto a quella acquistata in rete, che ora naviga "attorno a un prezzo di 200 euro a megawattora".

Le potenzialità
Davvero c'è poco spazio per nuove pale eoliche in Italia, svantaggiata (al contrario di quel che accade per i pannelli solari) rispetto ad altri paesi europei come la Germania? "Una convinzione da sfatare" taglia corto Togni. "Altri paesi sono certamente più avvantaggiati. Ma in Italia anche adottando i criteri più rigorosi rispetto ai vincoli paesaggistici e alle caratteristiche di urbanizzazione, sarebbe assolutamente praticabile e conveniente un raddoppio delle attuali installazioni dagli attuali 8.000 megawatt a circa 16.700 MW, che comunque rappresenterebbero la metà dell'energia eolica attualmente installata in Germania". I benefici sarebbero consistenti non solo per gli imprenditori eolici, rimarca Togni. "In Italia il solo eolico crea ogni anno un flusso finanziario di circa 3,5 miliardi di euro fra investimenti diretti e indiretti, e conta oggi oltre 37mila addetti, che potrebbero diventare 67mila nel 2020".

I veri vincoli
I veri vincoli? Innanzitutto la sovracapacità del parco di generazione elettrica nel nostro paese, che paga le stime poco calibrate degli ultimi vent'anni e ora compresso dalla congiuntura che deprime i consumi . "Ce ne rendiamo perfettamente conto. E chiediamo, realisticamente, di sfoltire intanto le impalcature della burocrazia per consentirci di modernizzare le installazioni esistenti per renderle ancora più efficienti. Anche grazie alle tecnologie e agli apparati che nell'eolico premiano le nostre imprese, come dimostra il saldo attivo nelle esportazioni del settore".

C'è poi l'insidia degli oneri aggiuntivi che aleggiano da qualche mese sulle rinnovabili, chiamate a contribuire alla soluzione dei problemi di bilanciamento del sistema elettrico creati dalla discontinuità e dalla difficile programma abilità delle energie verdi. Nuovi oneri che - affermano le associazioni del settore - ne allontanerebbero appunto la competitività assoluta, con evidente effetto boomerang sulla capacità di farsi largo nel mercato elettrico facendo a meno dei sussidi. Il braccio di ferro è in corso. Proprio in queste ore il Consiglio di Stato ha pubblicato le motivazioni della sentenza con cui ha dato definitivamente ragione all'Anev sul contenzioso con l'Autorità dell'energia su una delibera del 2012 che imponeva ulteriori oneri aggiuntivi. Il Consiglio di Stato ha comunque confermato che le rinnovabili devono pagare la loro parte di oneri per lo sbilanciamento della rete.

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