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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2014 alle ore 18:20.
L'ultima modifica è del 15 dicembre 2014 alle ore 11:17.
UberPop per ora può continuare a circolare in Francia. Lo ha deciso venerdì il tribunale parigino del commercio, che ha sospeso una precedente pronuncia di divieto. Il servizio di trasporto privato made in Usa, che impiega conducenti non professionisti (nella versione premium UberX, invece, utilizza driver con regolare licenza), è riuscito nell’intento di guadagnare tempo in attesa che sia esaminata la costituzionalità di una proposta di legge che riformerebbe le regole in materia.
La battaglia legale verte su alcune norme che attribuiscono, tra l’altro, solo alle auto pubbliche la facoltà di indicare con esattezza tempi e distanze per il calcolo delle tariffe. Alle auto Uber sarebbe imposto, poi, un ritardo di 15 minuti tra la chiamata e l’avvio del servizio.
Secondo i legali della società californiana, fondata e guidata da Travis Kalanick, le norme in vigore sono «anacronistiche e discriminatorie» mentre invece, ha ribadito il direttore generale di Uber per l’area Europa occidentale, Pierre-Dimitri Gore-Coty, l’app «porta innovazione in uno dei mercati maggiormente regolamentati». Di parere diverso il responsabile di una delle organizzazioni di taxi che hanno portato Uber in tribunale: «Giustizia sarà fatta, ma non oggi», ha dichiarato.
Secondo il ministro dell’Economia, Emmanuel Macron, non esiste un problema di ostracismo totale per Uber in Francia, dove, particolare non secondario, i clienti secondo l’azienda sono già mezzo milione. Il punto è, sostiene Macron, che «non ha senso farsi portare in giro da un guidatore pazzo senza licenza, perché prima o poi il problema si presenta».
Nuova denuncia delle autorità a Bruxelles
Da qualche tempo Uber è duramente osteggiata in molti dei Paesi in cui è riuscita a espandersi mettendo in serio allarme i tassisti per le tariffe più basse ma anche incappando in episodi in cui gli autisti sono stati incriminati per sequestri di persona o atti di violenza. Gli ultimi problemi si sono verificati in Spagna, India (l’accusa per l’autista Uber è stupro) e Messico. E proprio oggi il governo della Regione di Bruxelles ha presentato una denucia penale contro Uber. Oggetto dell’azione le norme di sicurezza e fiscali che l’app non rispetterebbe. «Finché non lo farà - ha dichiarato il ministro dei trasporti, Pascal Smet - Uber sarà considerata illegale».
Nata come startup tecnologica solo cinque anni fa, la società di San Francisco, utilizzando un’organizzazione molto leggera (in Italia, dove da qualche giorno è presente anche a Padova, impiega solo 11 persone) e grazie al sostegno di numerosi investitori è riuscita ad aprire in 45 Paesi e 200 città, 20 delle quali in Europa (Parigi è stata la prima). La corsa di Uber non ha conosciuto rallentamenti neppure dopo un recente duro colpo alla reputazione per le dichiarazioni del vicepresidente Emil Michael su presunti dossier contro i giornalisti scomodi.
Valutazione astronomica
Dopo l’ultimo round di finanziamenti da 1,2 miliardi Uber, secondo il Wall Street Journal, avrebbe raggiunto l’astronomica valutazione di 41 miliardi di dollari, staccando nettamente AirBnB, il portale (anche lui basato in California) che consente di prenotare alloggi o appartamenti di privati per brevi periodi, fermo a 10 miliardi.
Ed è di ieri che anche il principale motore di ricerca cinese Baidu sarebbe pronto a investire nella app di Kalanick, obiettivo l’espansione del ridesharing anche nel più grande mercato asiatico. La partnership sfiderebbe l'altro protagonista di Internet in Cina, Alibaba, che ha investito nel servizio rivale e alternativo ai taxi tradizionali, Kuaidi Dache.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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