ROMA - Il rinascimento nucleare? Roba da ingegneri e scienziati, si direbbe. O magari da economisti, vista l'alchimia dei ritorni dell'operazione a fronte di investimenti assai più imponenti rispetto a quelli richiesti dalle centrali elettriche "normali", in cambio di un costo del combustibile ridotto. Ma ecco la nuova via, tutta italiana, all'atomo. Che sta designando ben altri protagonisti: i giuristi e gli avvocati.
Perché nulla in pratica potrà muoversi, né sul tavolo degli ingegneri né sul pallottoliere degli economisti, se prima non verrà sciolto un nodo tutto giuridico-costituzionale: quello dei ricorsi e dei controricorsi tra Stato e Regioni sul rispetto della legislazione concorrente. Per essere più precisi: sui diritti delle regioni che sarebbero stati violati dalla legge "sviluppo" che l'estate scorsa ha sancito la supremazia dello Stato (attraverso il Governo) nelle decisioni sulle nuove centrali atomiche, o sulle violazioni costituzionali poi lamentate dal Governo nei confronti delle regioni che nel frattempo hanno legiferato "vietando" sul loro territorio qualunque installazione nucleare.
La Consulta è al lavoro. Pronostici? Una sola certezza, per ora: si tratta di un intricato pasticcio, nel quale si incrociano ragioni, fondatezze, forzature e strafalcioni normativi. E non solo da una parte. Ce lo dice uno dei più quotati giuristi esperti nel settore: Pier Giuseppe Torrani, fondatore dello studio milanese Leone-Torrani e associati. Che per le decisioni della Consulta prevede tempi non brevissimi, sicuramente ben al di là delle prossime elezioni amministrative.
Prima complicazione: la platea dei contendenti. Davvero robusta. Ad aprire il fuoco sono state, progressivamente, quasi tutte le regioni, anche di colori politici diversi. E alla fine solo tre amministrazioni – Lombardia, Veneto e Friuli – si sono sfilate da una mozione comune nella quale si censura il presunto dirigismo nuclearista della legge "99" varata a Ferragosto. E sono 11 le regioni che nel frattempo hanno formalizzato un ricorso alla Corte Costituzionale: Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Umbria, Lazio, Puglia, Liguria, Marche, Piemonte, Molise e Toscana. E tre (Puglia e Basilicata, ma anche la Campania) hanno legiferato proclamandosi ufficialmente zona franca da qualunque installazione che abbia a che fare con l'atomo, a prescindere da tutto: legge nazionale, compensazioni locali, negoziati con i territori, cogestione delle normative. Niente di niente: no all'atomo e basta.
Il Governo, a sua volta, non ha avuto dubbi. E in nome di un «atto dovuto», necessario a «chiarire un principio generale», ha deciso (Consiglio dei ministri del 4 febbraio scorso) il ricorso alla Consulta contro le tre regioni formalmente denuclearizzate.
Chi vincerà? Responso non facile. Senza escludere l'ipotesi forse più fastidiosa: perderanno tutti. E tutto dovrà essere fatto daccapo.
I ricorsi delle regioni possono «trovare argomenti a sostegno» perché – spiega Torrani – la legge "sviluppo" e i relativi decreti delegati che si stanno emanando (quello sui criteri per definire i siti e le compensazioni è cosa fatta, quello sull'agenzia per la sicurezza nucleare continua a ritardare) «si discostano dalle indicazioni della Consulta, poiché prevedono che il mancato accordo della regione sulla decisione statale, in merito alla localizzazione o autorizzazione degli impianti nucleari, possa essere superato con un decreto del Presidente della Repubblica». «In questo modo - spiega Torrani – le disposizioni di legge finiscono con l'attribuire una posizione di debolezza all'ente spogliato della competenza. Di qui la violazione dell'autonomia amministrativa delle Regioni in materia energetica e del principio di leale collaborazione».
E il ricorso del Governo contro tre regioni che hanno legiferato escludendo a priori il nucleare? Odore di illegittimità anche qui. Perché «in contrasto con i poteri statali in materia energetica e, soprattutto, con il principio di leale collaborazione tra enti di governo, statale e regionale». Il diritto delle Regioni ad un intesa forte «non può infatti significare aprioristica opposizione alle scelte del Governo, bensì facoltà di manifestare dissenso, che deve però essere specificamente motivato». Più in linea con la Costituzione sarebbe una norma regionale che si limitasse «a subordinare la localizzazione delle attività energetiche sul territorio regionale all'espressione dell'intesa» precisa Torrani. Con buona pace di chi spera in una soluzione in tempi brevi.

Negli Stati Uniti si fa strada il mini reattore
Nuova generazione
Negli Usa c'è chi pensa in piccolo: secondo il Wall Street Journal grandi utility tra cui Tennessee Valley Authority, First Energy Corp., Oglethorpe Power, hanno siglato accordi con Babcock & Wilcox, società che produce mini reattori di facile installazione. Sotto, un reattore nucleare Four B&W mPower da 500 megawatt.


Le caratteristiche
La battaglia dei ricorsi sul nucleare: le risposte dell'avvocato Torrani

 

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