«La lezione della crisi è che occorre rivedere il concetto del Patto di stabilità e rafforzare il governo economico dell'Unione». L'esortazione viene dal Governatore della Banca d'Italia e presidente del Financial stability board, Mario Draghi, nel corso di un intervento svolto ieri a Roma, presso la Pontificia accademia delle Scienze sociali. «Finora», ha detto il numero uno di via Nazionale, il Patto «è consistito in un meccanismo di osservazione dei bilanci pubblici. È necessario adesso», ha aggiunto, «renderlo più incisivo ed estenderlo all'area delle riforme strutturali, perché la mancanza di tali riforme è il motivo alla base della mancata crescita di alcuni paesi».

Non è la prima volta che Draghi interviene sull'urgenza di rafforzare la governance economica dell'Europa: già nello scorso mese di febbraio all'assemblea annuale degli operatori del Forex, il Governatore aveva sollecitato l'introduzione di un nuovo Patto europeo per la crescita e le riforme: «Una crisi che produce instabilità finanziaria mondiale – aveva sottolineato allora – colpisce le economie dell'area con intensità diversa a seconda delle strutture su cui poggiano. Occorre che nell'Unione si formi la volontà comune di estendere alle strutture economiche, e alle riforme di cui necessitano, la stessa attenta verifica, lo stesso energico impulso esercitati negli anni sui bilanci pubblici». Ieri, pur nel contesto di un intervento centrato sull'esigenza di stabilità finanziaria nel mondo, Draghi è tornato a battere sullo stesso tasto, tanto più attuale dopo il caso greco e alla vigilia del vertice straordinario dei capi di stato e di governo della Ue.

Proprio per quel che riguarda l'azione sul versante delle riforme della finanza, in particolare, Draghi, nella sua qualità di presidente del Fsb, chiede di fare presto. «Alcuni», ha sottolineato il Governatore, «dicono che bisogna attuare le riforme gradualmente per evitare di compromettere la fragile ripresa in atto. Io rispondo che la ripresa è troppo fragile per permettere temporeggiamenti».

A preoccupare il responsabile di palazzo Koch sono soprattutto i cosiddetti global imbalances: quei «grandi squilibri della bilancia dei pagamenti» che «sono ancora tra noi» e che rimangono fattori suscettibili di generare instabilità finanziaria futura. Draghi ha spiegato ieri che «i flussi lordi di capitale sono pronti a espandersi negli anni a venire» facendo esplicito riferimento agli squilibri nella bilancia dei pagamenti «che comportano cambiamenti nei flussi finanziari».

Gli aggiustamenti nel conto capitale, ha affermato, «possono verificarsi in modo veloce e dannoso, forzando un rapido cambiamento della domanda, che ha costi molto elevati dal punto di vista economico, finanziario e sociale». Secondo Draghi, «questa è la situazione oggi in Grecia. Ci sono altri paesi nel mondo – ha aggiunto – che senza aggiustamenti precauzionali sono soggetti a simile rischio». Dunque, «la possibilità di un'improvvisa inversione negativa è alta, come dimostra la situazione in Grecia». E «se le condizioni economiche peggiorano e noi non abbiamo riformato il sistema finanziario - ha affermato - ci potranno essere rischi di una nuova spirale ribassista». Non c'è quindi tempo da perdere, per quel che riguarda la definizione di nuove regole, proprio per evitare di affrontare in futuro il rischio di un rinnovato avvitamento verso il basso. Draghi è poi tornato a sottolineare, all'indomani delle discussioni che in seno al G-20 hanno messo in evidenza come attualmente in tutto il mondo avanzato la questione fiscale sia "la" questione nodale, che in questo momento «le opzioni per ulteriori allentamenti fiscali e monetari sono limitate, forse inesistenti». «La solidità del sistema finanziario», ha concluso il Governatore, «è perciò cruciale per la sostenibilità della ripresa economica».

Ieri, sulla candidatura di Draghi alla presidenza della Bce è arrivata una tegola da Parigi. Le Monde ha riferito che, secondo l'Eliseo, l'italiano non potrebbe aspirare a guidare la Banca centrale in quanto è stato vice presidente per l'Europa di Goldman Sachs (dal 2002 al 2005), la banca d'affari accusata di aver aiutato la Grecia a truccare il proprio deficit. E tuttavia a Nicolas Sarkozy, sempre secondo Le Monde, non piacerebbe nemmeno il candidato tedesco Axel Weber.

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