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Certo. Nel 2010 la Repubblica italiana dovrà operare sul mercato finanziario emissioni di titoli del debito pubblico per circa 485 miliardi. Tolti i giorni festivi, fanno 2 bilioni al giorno, in vecchie lire quasi 4.000 miliardi. Su questa scala di valori, con questo ritmo, ad ogni asta devi trovare operatori che hanno fiducia nella Repubblica italiana. Non solo. Sul mercato si stanno presentando altri Stati con le loro crescenti emissioni pubbliche. E in questo caso mal comune non è mezzo gaudio, perché aumentano la concorrenza, i tassi, i rischi. Per tutto questo è sempre saggio ricordare, nel palazzo della politica e all'opinione pubblica, che abbiamo il terzo debito pubblico del mondo senza avere la terza economia del mondo.
Sull'Economist di venerdì la Spagna pubblica i suoi titoli di stato. È un segno della concorrenza. C'è un rischio Italia sui mercati?
Come Italia abbiamo tenuto, teniamo e terremo per effetto della combinazione di alcuni fattori fondamentali. Abbiamo esperienza. Il nostro bilancio pubblico, a differenza di altri paesi, è strutturato da decenni contenendo il debito e gli interessi sul debito. Per gli altri il debito è un'esperienza nuova e non facile da gestire, dato il suo costo, nell'opinione pubblica e nei parlamenti. E poi consideri il fatto che a fronte del debito pubblico in Italia c'è un enorme stock di risparmio privato: queste due grandezze vanno sommate insieme e la somma per l'Italia, a differenza che in altri paesi, è positiva.
Occupazione, consumi e produzione, però, preoccupano.
Sennò non si parlerebbe di crisi. Ma su tutto questo i numeri, pur critici, non manifestano i forti squilibri che invece caratterizzano altri paesi. Attesa per il peggio, l'Italia è nella media europea, e questo da un lato stupisce un po' in Europa e, dall'altro lato, fa impazzire gli anti-italiani in Italia. Seriamente penso che possiamo guardare al futuro con buona coscienza, nel mondo può succedere di tutto, ma noi in Italia abbiamo fatto, facciamo, faremo tutto il possibile.
Cerchiamo di mettere chiarezza tra le dichiarazioni molto diverse che sono arrivate in questi giorni: in questo contesto sarà possibile o no ridurre la pressione fiscale?
Il senso della discussione che ho fatto con il presidente del Consiglio, e sul quale pienamente concordiamo, è che abbiamo tre anni per fare una riforma fiscale. Una riforma che può e deve essere fatta, e sarà fatta, non in termini di speculazione elettorale o di avventurismo demenziale, ma in termini di vero riformismo. Perché quella fiscale è una riforma fondamentale tanto per lo Stato quanto per l'economia.
Lei ha detto che il sistema italiano non è né giusto né efficiente.
Il sistema fiscale italiano è stato disegnato negli anni 60, messo in legge negli anni 70 e da allora continuamente, infinitamente, rattoppato. Ma fondamentalmente riflette un mondo che non c'è più. È cambiato il modello produttivo con il passaggio dalla grande fabbrica alle medie e piccole imprese. Sono nati i distretti, siamo arrivati a 8 milioni di partite iva. È nato il modello competitivo: negli anni 60 l'obiettivo era stato il Mec, adesso il Mec è solo un'isola nel mercato globale. È cambiato il modello tecnologico con l'informatica, i robot. È cambiato il modello sociale, prima c'erano più giovani che vecchi, adesso è il contrario, ma abbiamo in più 4 milioni di immigrati. È cambiato il modello istituzionale nel 2001 con il federalismo. Il sistema fiscale è diventato così sempre più vecchio, confuso e irrazionalmente complesso, spostato sul centro senza che il centro abbia più la piena forza nell'uso di tutte le leve. In ogni caso non possiamo entrare nel nuovo secolo con una macchina di 50 anni fa.
Il Sole 24 Ore ha evidenziato che per la sola Irpef esistono almeno 80 forme di detrazioni e deduzioni.
Ho letto. Io la metto così: dentro l'Irpef, o Ire, quella che una volta era la "regina" delle imposte, puoi contare tre forme di prelievo, una basica e due addizionali (comunale e regionale); quattro modalità di tassazione (ordinaria, sostitutiva, separata, abbattuta); sei categorie di reddito oltre alla no-tax area, cinque scaglioni e poi 134 forme di riduzione, tra cui 18 deduzioni, 39 detrazioni, 31 crediti di imposta, 46 esenzioni e agevolazioni. Einstein diceva, a proposito della Income tax, che fare la dichiarazione dei redditi era arduo per le menti umane.
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