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Tremonti e il fisco: «Riforma entro il 2013 e autofinanziata»

di Fabrizio Forquet

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17 gennaio 2010

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E la lotta all'evasione fiscale? Non è che rientrati i capitali tirerete i remi in barca?
È un'azione che stiamo sviluppando con il determinato impegno dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza. Nel contrasto ai paradisi fiscali, lo scudo non è la fine ma il principio. Ma anche il contrasto all'evasione si svilupperà soprattutto con il federalismo fiscale. In un paese con 8.000 comuni e 8 milioni di partite iva un'azione vincente in questo ambito può essere prodotta solo con la partecipazione dei comuni. E il federalismo farà sì che questi saranno direttamente interessati a rafforzare le proprie entrate.

Dalla maggioranza c'è chi è stato perentorio: o Tremonti taglia tasse e spesa o è fuori...
Un conto è proporre di tagliare le tasse per 20 o 30 miliardi con un taglio ugualmente virtuoso e simmetrico della "spesa per servizi e consumi intermedi delle Regioni". Un conto è uscire dall'astrattismo e proporre di tagliare le tasse con la macelleria sociale del taglio alla sanità. Si tratta appunto di capire qual è e dov'è la maggioranza. In realtà la crisi ha modificato il paradigma politico, i popoli vogliono sicurezza. Nessuno in Europa pianifica rivoluzioni fiscali o macellerie sociali. In Germania, i sondaggi di massa rifiutano lo scambio meno tasse e meno sicurezza sociale. E non è questioni di blocchi corporativi come pensano gli analisti politici, ma proprio questione di megatrends della politica. Non credo che gli italiani la pensino diversamente. E forse dietro il consenso verso il governo Berlusconi, c'è anche la sua strategia di essere sicuro in tempi di insicurezza e ora rivolto al futuro di una riforma senza avventurismo.

Uno studio di Marco Fortis pubblicato dal Sole 24 Ore evidenzia la forza, oltre la crisi, delle imprese italiane che esportano. Sarà questo il motore della ripresa?
L'economia italiana è andata sotto di un punto nel 2008 e di cinque punti nel 2009. Può andare sopra di un punto o qualcosa in più nel 2010.

Che previsione farà il governo nel programma di stabilità Ue?
Puntiamo sull'1%. Ma leggiamo il grafico del Pil dal lato del bilancio pubblico. La caduta del Pil ha prodotto una caduta delle entrate fiscali, mentre la spesa pubblica è rimasta lineare e non poteva essere diverso perché dietro c'erano contratti e diritti acquisiti e perché fare diversamente avrebbe aggravato la crisi, stile Hoover. La squadratura tra entrate ed uscite ha prodotto un deficit addizionale che ci costerà all'anno 8 miliardi di spesa per interessi in più sul debito. Chi parla in assoluto di riduzione delle tasse dovrebbe saperlo.

Una ragione in più per cercare il motore della ripresa.
Per essere più chiari nella visione sul futuro dobbiamo capire cosa è successo. La crisi è venuta da fuori e ci ha colpito su un punto di forza, sul nostro export: sui 90 miliardi di ricchezza persa, 70 miliardi sono la perdita sul nostro super-export. Mentre gli uffici studi ci spiegavano che eravamo in declino, le nostre imprese conquistavano quote del mercato globale. Della globalizzazione siamo stati anche noi artefici come export e vittime come caduta dell'export. Ma quando ripartirà il mondo le nostre imprese sono lì e ci saranno.

Le imprese hanno fatto la loro parte, ma il governo cosa sta facendo e farà per loro?
È bene essere onesti su un punto: i governi, tutti i governi, se fanno bene, possono garantire solo l'esistente: non sono loro a potersi sostituire per esempio all'export mondiale. Tanto meno se sono governi già in deficit per loro conto. Dal lato pubblico, la speranza e il futuro sono solo in Europa. È in Europa che, nel gioco dell'exit strategy, si deve aprire la grande questione del modello di sviluppo. Deve essere ancora quello tedesco dominato dall'export? O deve essere un modello riequilibrato sulla domanda interna aggregata europea?

E dunque in concreto cosa può fare l'Europa per le nostre imprese e i nostri lavoratori?
Giorno dopo giorno sta crescendo il consenso per piani d'investimento a medio e lungo termine, non necessariamente finanziati dai bilanci pubblici, ma capaci di attirare stock di risparmio e liquidità che circolano nel mondo. L'idea italiana di costituire con la Bei il Fondo Marguerite, che riunisce le Casse Depositi e Prestiti europee, ha già fatto nascere un club d'investitori anche asiatici. L'euro è una moneta molto forte, la Ue è economicamente forte, è arrivato il momento di valorizzare tutto questo.

Cipolla diceva che i grandi cicli di sviluppo sono collegati con i cicli dell'energia e di riflesso con i cicli delle macchine. Vede anche lei nella green economy l'opportunità di un nuovo ciclo europeo?
  CONTINUA ...»

17 gennaio 2010
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