Nonostante Di Pietro sia stato confermato per acclamazione, tra lo sventolio di centinaia di sciarpe gialle, presidente e abbia garantito una svolta realista del partito («Urlare in piazza non basta. Io non voglio morire a fare l'opposizione a Berlusconi o aspettare che vada in pensione, voglio politicamente sconfiggerlo»), resta sempre il padre padrone dell'Italia dei valori.

Indigesti alcuni punti del fronte alleanze. Se il congresso ha rappresentato l'inizio di un cammino verso un'intesa strategica con il Pd e una posizione più matura sul tema della legalità nella politica, non sono mancati gesti ritenuti scomodi. A partire dall'avallo dell'accordo con il Pd sulla candidatura di Vincenzo De Luca alla presidenza della Campania. Operazione altamente indigesta all'ala del partito capitanata dall'ex magistrato De Magistris per via del rinvio a giudizio che pende su De Luca. Operazione definita borderline dal capogruppo dell'Idv Massimo Donadi, «legata a circostanze irripetibili come la necessità di salvare la Campania dalla camorra». Sul fronte delle alleanze (sia nel «perimetro del centrosinistra», ha detto il leader dell'Italia dei valori, sia «nell'area moderata, cattolica, liberale e del non voto») non mancano, dunque, le spaccature. Per De Magistris non è questione di «steccati ideologici», ma di coerenza e «non si possono fare armate Brancaleone anche se lo scopo è quello di buttare giù Berlusconi». L'Udc di Cesa e Cuffaro, poi, a De Magistris non piace.Il partito. è scritto nella mozione Di Pietro, si impegna a non candidare persone nei confronti delle quali sia «iniziata l'azione penale per delitti di particolare gravità con la richiesta di rinvio a giudizio ovvero che si trovino in stato di latitanza o di esecuzione di pende detentive, o che siano stati condannati con sentenza definitiva». E Di Pietro ha comunque rispettato le regole.

I ribelli dell'Idv protestano contro il «feudo Di Pietro». Le acque del partito sono comunque agitate dai ribelli dell'Idv, il fronte di protesta animatore della mozione della base, contro «la gestione personalistica e patrimonialistica che ha fatto del partito di Di Pietro una sorta di feudo medievale». Fra le richieste del gruppo quella di agire sul fenomeno dei doppi incarichi, le assenze in aula, le incompatibilità e i conflitti di interesse. Ma anche per ridurre la discrezionalità nei provvedimenti sanzionatori «troppo spesso adottati per soffocare in origine qualsiasi dissenso interno». Si chiede di superare la fase del partito «di uno solo» (compresa la rimozione del nome "Lista Di Pietro" dal simbolo) e adottare una struttura federale basata sui circoli con lo scopo di eliminare la discrepanza fra locale e nazionale.

Il dissenso corre sulla rete. Il fronte del dissenso si registra anche in rete nei messaggi su Facebook e Twitter postati senza filtri sul sito dell'Italia dei valori. Un commento negativo per tutti: «De Luca raccoglie la standing ovation dei delegati e incassa l'appoggio di Tonino, che fino a lunedì lo aveva invitato ad impiegare il suo tempo a difendersi nei processi. Personalismo, inconsistenti alternative all'ex pm, scarse garanzie di democrazia interna: l'Idv decide di non cambiare». Commento che compare accanto alla stragrande maggioranza di messaggi di plauso al congresso e al leader del partito. Nella pagina Facebook del leader dell'Idv sono poco meno di 200 i commenti critici. «Meglio soli che male accompagnati», consiglia Marco Pomponi. «Meglio perdere e rimanere onesti», scrive Luca Losavio. C'è chi ipotizza la strada della scissione e invoca De Magistris come salvatore del partito. In Campania molti annunciano che non voteranno per il candidato indicato da Di Pietro.

Si deve lavorare sulle pari opportunità. Molta la strada da fare anche sul fronte delle pari opportunità nel partito: parità garantita dalla mozione Di Pietro, che si scontra con la realtà di un partito altamente maschile, definito «ad alto tasso di testosterone».

Il ritorno alla masseria è lontano. «Aiutatemi a portare questa barca alla riva, dopo di che non vedo l'ora di tornare alla mia masseria». Antonio Di Pietro ha chiuso così l'intervento al congresso nazionale Idv con l'augurio di poter abbandonare la politica dopo aver battuto il governo di Silvio Berlusconi, definito «l'equivalente della Vanna Marchi della politica». Ma il ritorno alla masseria sembra lontano. (N.Co.)

DOCUMENTO / La mozione finale del congersso Idv
L'abbraccio tra Di Pietro e Bersani impensierisce Casini
Congresso Idv, Di Pietro: «Stop a opposizione solo di piazza»
De Magistris: «Sto con Di Pietro»
IL PUNTO/ Tutti i nodi che Di Pietro e l'Idv devono sciogliere (di Stefano Folli)

 

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