«Quella lettera è stata scritta in un contesto diverso rispetto ad ora», dice il deputato Pdl. E sull'attacco del Giornale di Feltri a Fini: «Se fosse diretto da Ferrara la situazione nel centrodestra sarebbe diversa»

Dopo Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini anche Umberto Bossi dice no a elezioni anticipate. E ora l'invito comune è invece quello alla stabilità, per poter avviare e portare a termine le riforme.
«Con la crisi finanziaria che attraversa altri paesi europei, chi decidesse di andare a elezioni anticipate in questo momento si assumerebbe una grande responsabilità», dice Benedetto della Vedova. Ma il deputato Pdl, ex radicale, ora considerato tra i fedelissimi al presidente della Camera, sottolinea anche come sia stato lo stesso Fini «a precisare in modo netto» che non ci sono le ragioni politiche per andare a elezioni, perché «il confronto che si è aperto nel Pdl è un fattore di vitalità del partito che non mette in discussione la tenuta della maggioranza in Parlamento»
Il presidente della Camera in questi giorni è ospite di numerose trasmissioni Rai. Un modo per essere più vicino all'elettorato che sembra aver irritato però il presidente del Consiglio.
Gianfranco Fini aveva rinunciato a presenze televisive da tantissimo tempo e ora, mentre è in atto un confronto politico molto aspro interno al partito, ha scelto per raggiungere l'opinione pubblica, di rispondere favorevolmente a una serie di richieste in modo da spiegare chiaramente qual è la sua posizione. Mi sembra una cosa sensata. Fini è presidente della Camera, ed è tenuto a svolgere il suo ruolo di garante dei lavori del Parlamento, ma resta un uomo politico ed è del tutto comprensibile che in una fase politica così delicata trovi il modo e lo spazio per una comunicazione diretta, peraltro molto equilibrata
Intanto da il Giornale di Vittorio Feltri è partito un nuovo attacco a Fini e alla sua famiglia.
Come sempre il fuoco amico è quello dal quale è più difficile difendersi. Che il Giornale abbia tenuto un atteggiamento deliberatamente ostile nei confronti di Fini non è una novità. Ognuno fa il suo mestiere, Feltri ritiene di farlo in questo modo. È ovvio che, se la linea editoriale del Giornale fosse quella di un quotidiano diretto da una persona parimenti intelligente e parimenti vicina al Cavaliere come Giuliano Ferrara, oggi la situazione del centrodestra sarebbe molto diversa. Se una parte preponderante della stampa di centrodestra ha scelto come linea editoriale quella del Fini nemico di Berlusconi, il Foglio di Giuliano Ferrara ha invece preferito trattare le scelte di Fini come risorsa per Berlusconi. È chiaro che l'impatto di comunicazione nei confronti dell'elettorato di centrodestra del Giornale e di Libero è molto più forte, ma alcuni accadimenti, da parte di giornalisti e di persone vicine al centrodestra, vengono letti in modo completamente diverso. E questo dovrebbe fare riflettere.
Il caso Bocchino come finirà?
Troverei singolare che in questo contesto si scegliesse una via finto-burocratica, accettando come dimissioni quelle contenute in una lettera scritta in un contesto diverso rispetto ad ora. Si trattava di una lettera che voleva aprire un confronto aperto. Accettare quelle come dimissioni sarebbe un comportamento che non aiuta il gruppo. A meno che sia stato deciso in qualche modo, non so dove, che accettare l'idea che nel partito c'è un confronto che non mette in discussione in Governo e la maggioranza, in un confronto duro ma fisiologico in un grande partito europeo popolare liberale, non sia tollerabile. Ma se la logica è questa allora si è scelto di rinfocolare uno scontro che stava trovando un suo assestamento e che non metteva in discussione la maggioranza parlamentare.
Quindi per proseguire sul piano del dialogo quelle dimissioni vanno respinte?
O si respingono, si congelano, oppure è naturale che si rimetta in discussione un gruppo il cui organigramma nasceva da una logica di divisione dei ruoli e delle responsabilità secondo un criterio precostituito. A quel punto ha più senso riaprire la partita dell'elezione di nuovi organi dirigenti del gruppo.
Il federalismo fiscale e il rapporto con il Sud resta uno dei nodi più importanti da sciogliere nelle questioni politiche che separano Fini da Berlusconi e soprattutto da Bossi.
La mia personale opinione sul federalismo, da tempo, è che sia un'occasione storica per il Sud. Proprio per questo credo che vada fatto bene, con tempi che devono essere rapidi anche necessari per fare le cose bene, evitando l'idea che la partita del federalismo diventi un regolamento di conti del Nord nei confronti del Sud. Da questo punto di vista le parole di Fini sono state chiare: «non contro il federalismo ma per un federalismo che risponda a un disegno nazionale». Per questo ritengo che Fini sia il miglior alleato della Lega, perché è all'interno del Pdl colui che meglio può testimoniare che si tratti di un disegno di respiro nazionale, repubblicano e non localista. Il federalismo è anche un'occasione per una classe dirigente del Sud che ha buona parte delle responsabilità dei problemi del Mezzogiorno. Ma va fatto bene, con i passi necessari ed eventualmente anche con la gradualità che serva per diventare un win win game, un gioco nella cui prospettiva tutti possono e devono guadagnare.

 

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