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di Michele De Gaspari

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17 luglio 2008


Conti con l'estero
Tutto l'interscambio
La bilancia dei settori
Esportazioni e importazioni
Tendenza dell'export
Le partite correnti
Il cambio dell'euro
Commercio estero: l'export tiene il passo a maggio, ma la bilancia resta in rosso per la bolletta energetica
Rallentano le esportazioni in maggio (+5,7% in valore), dopo l'accelerazione di aprile. Si riduce il saldo passivo della bilancia commerciale (-6,2 miliardi nei primi cinque mesi del 2008, da -7,7 miliardi nello stesso periodo del 2007), nonostante il peso della bolletta energetica, che sale a -24,2 miliardi nel gennaio-maggio, da -18,5 miliardi di un anno prima, gonfiata dall'alto prezzo del petrolio. Tiene il passo l'interscambio con l'estero (+8,1% in valore le esportazioni nei primi cinque mesi e +6,6% le importazioni). Va meglio l'export nei paesi extraeuropei (+11,2% nel periodo), grazie soprattutto a Russia, Est Europa, Turchia e Medio Oriente; ma anche la Ue sostiene le nostre vendite estere (+6,1%).
Nell'andamento in volume le esportazioni prevalgono nettamente sulle importazioni: +3,5% contro un calo di -0,4% nel periodo gennaio-aprile (+0,7% e -1,0% rispettivamente nel trimestre gennaio-marzo, secondo i dati di contabilità nazionale a prezzi costanti). Al netto dell'energia, si registra nei primi cinque mesi del 2008 un miglioramento del saldo commerciale per oltre 7 miliardi. I dati Istat sugli scambi complessivi, con i paesi Ue e con i paesi extra Ue nel dettaglio geografico e dei settori.


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Istat: il commercio estero nel 2008

Rapporto Ice-Istat 2007-2008


La bolletta energetica italiana 1996-2005

L'interscambio commerciale italiano 1970-2005
Clicca qui per ingrandire l'immagine del grafico

Nota: Il dato del mese di giugno si riferisce al saldo commerciale dell'Italia con i soli paesi extra-Ue. Il saldo con i paesi Ue è disponibile con alcune settimane di ritardo.
Fonte: Istat


il boom della meccanica rilancia il made in Italy


Nonostante la forte rivalutazione dell'euro nei confronti di quasi tutte le altre monete (e la conseguente perdita di competitività di prezzo), le esportazioni italiane non hanno mancato di sorprendere nel corso del 2007, crescendo a un ritmo dell'8% in valore e consolidando il favorevole andamento (+10,7%) del 2006. L'aumento dell'export, nettamente superiore a quello delle importazioni (+4,4%), ha consentito di ridurre a meno della metà il saldo negativo della bilancia commerciale, pari a -9,4 miliardi da -20,5 miliardi di un anno prima, grazie anche alla minore pressione della bolletta energetica (scesa a -46,5 miliardi dai precedenti -50 miliardi). Il miglioramento ha così determinato una risalita della quota di mercato dell'Italia nel commercio mondiale (dal 3,4% al 3,6% nei dati in valore, mentre quelli in volume continuano a perdere colpi), dopo alcuni anni di declino (dal 2001) che sembrava inarrestabile.

Al pesante passivo strutturale della bilancia energetica si aggiunge, poi, la crescente invasione di merci provenienti dalla Cina, il cui saldo negativo (-15,5 miliardi) sfiora ormai quello con l'area Opec (-16,7 miliardi). Sono continuate ad andare bene, in particolare, le vendite nei paesi dell'Unione europea (+9%), in Russia (+25%), America latina (+14%), area Opec (+22%) e Cina (+11%), ma hanno sensibilmente frenato gli Stati Uniti (-1%) e il Giappone (-3%), mercati di sbocco molto importanti per il made in Italy, che il rallentamento americano sta mandando di nuovo in sofferenza. Macchine e apparecchi meccanici, mezzi di trasporto, prodotti in metallo, legno e mobili, alimentari sono i settori che hanno meglio recuperato nella dinamica delle vendite estere e anche delle quote di mercato nel 2007. Più contenuta è stata, invece, la dinamica dell'interscambio di beni e servizi in termini reali, con le esportazioni (+5%) che hanno superato le importazioni (+4,4%) nel bilancio provvisorio dello scorso anno, secondo i dati della contabilità nazionale, confermando il positivo contributo della domanda estera netta alla formazione del Pil.

La robusta crescita dell'economia internazionale ha, dunque, favorito la ripresa delle nostre vendite all'estero, nonostante l'apprezzamento dell'euro e la conseguente erosione dei margini di competitività di prezzo. Questi ultimi fattori hanno, peraltro, determinato una netta contrazione della quota italiana nel commercio mondiale, passata dal 4% a meno del 3% negli ultimi sei anni, se misurata a valori costanti, con una tendenza che sembra inevitabile nel prossimo futuro e può essere contrastata solo con un riposizionamento strategico dell'industria esportatrice (nei settori dove la concorrenza è soprattutto basata sulla qualità e l'innovazione). Le caratteristiche di fondo che hanno determinato la perdita di competitività del made in Italy negli ultimi anni si sono via via accentuate e spiegano la recente tendenza negativa della nostra bilancia commerciale: da un avanzo di ben 36 miliardi di euro (quasi 70mila miliardi di lire) nel 1996, pari al 4% del Pil, si passa al sostanziale pareggio del 2000 e del 2003-2004, a causa del forte aumento della bolletta energetica, che sale a circa 29 miliardi di euro - nel 2001-2003 essa si attesta, poi, a 26-27 miliardi, per riportarsi a 29 miliardi nel 2004, che crescono a 38,5 miliardi nel 2005 fino a 50,1 miliardi nel 2006 - e degli effetti delle oscillazioni del cambio dell’euro sui flussi in valore delle importazioni.

Il progresso delle esportazioni in volume è stato così annullato dal notevole peggioramento delle ragioni di scambio. Ma esaurita la spinta della svalutazione, riprende il deterioramento della bilancia commerciale, conseguenza della minore competitività del nostro sistema produttivo, che si manifesta in pieno con l'apprezzamento dell'euro. Le vendite sui mercati esteri favorite dalla concorrenza di prezzo erano, infatti, sostenute fino alla metà degli anni 90 dalle ricorrenti svalutazioni della lira. L'euro, per contro, ha accompagnato la progressiva perdita di quote di mercato dei prodotti italiani, avvenuta soprattutto nei settori tradizionali (tessile-abbigliamento, cuoio e calzature, mobili e articoli per la casa), a vantaggio dei paesi emergenti dell'Asia e dell'Europa orientale. In questi settori, al calo dell'export ha fatto da contraltare un sensibile aumento delle importazioni.

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