«Mettiamola così: faccio meno fatica a girare un film violento che romantico». Takeshi Kitano, regista giapponese 63enne, già Leone d'oro alla mostra del cinema di Venezia nel '97 con Hana-bi-Fiori di fuoco, preferisce anticipare l'interlocutore su una domanda che sicuramente gli verrebbe posta. Ieri in concorso al 63esimo festival di Cannes è stato proiettato il suo Outrage, film splatter su un regolamento di conti tra famiglie appartenenti alla Yakuza, la mafia più potente del Sol levante. Le scene e i dialoghi, così estremi da diventare tragicomici, hanno fatto sobbalzare il pubblico di Cannes, strappando comunque molte risate. Ed è stata una sorpresa, perché era almeno da dieci anni, quando girò Brother nel 2000, che Kitano non tornava sul tema della Yakuza.

Kitano fa l'inchino prima di sedersi su una poltrona in pelle in una saletta dell'hotel Martinez di Cannes, l'albergo delle star, con aria sorniona, vigile, nonostante le palpebre costringano gli occhi a uno sguardo a mezz'asta e asimmetrico, per una plastica facciale dovuta a un incidente stradale con la motocicletta nel '94. L'incidente lo costrinse per mesi a letto, ma gli regalò un volto malandrino, perfetto per le parti che è sempre stato chiamato a fare: il poliziotto o il criminale. Kitano infatti non è un semplice regista, ma è anche un attore, scrittore, pittore, nonché presentatore televisivo. Proprio dal suo game show, Takeshi's Castle, iniziato negli anni 80, in cui costringeva i concorrenti a giochi e avventure grottesche, nacque in Italia la trasmissione Mai dire Banzai della Gialappa's.

«Quando c'è una situazione terribilmente seria o triste – spiega Kitano - è facilissimo che si scivoli nella comicità se qualcosa va storto. Se per esempio a un funerale una persona sbaglia qualche cosa, inciampa, ecco, subito si ride. Per chi è caduto in errore è una tragedia, ma gli altri sono pervasi da un'ilarità incontenibile. C'è qualcosa di diabolico: ciò che è inaspettato diventa divertente». E Kitano di comicità ne sa qualche cosa. La sua carriera è iniziata negli anni Settanta come comico in un locale per spogliarelliste nei sobborgi di Tokyo. «Ah, che periodo infernale! Non mi manca per niente. Il pubblico era fatto solo di maschi che aspettavano lo strip tease delle ragazze. Io salivo sul palco nell'indifferenza generale: era durissima farli ridere». Poi il successo è arrivato con un amico con cui Kitano si esibiva in siparietti comici tipicamente giapponesi chiamati Manzai. A quell'epoca assunse lo pseudonimo di Beat Takeshi, che si portò dietro per anni.

In Outrage Kitano è il braccio destro del boss di una famiglia mafiosa in disgrazia. E' un perdente, che preferisce farsi arrestare da un poliziotto corrotto, ma alla fine verrà ucciso in prigione. «Ho voluto fare un film circolare. Comincia con la storia di una cupola che per regolare i conti usa la zizzania in modo che i membri di uno stesso clan si eliminino tra loro. Alla fine c'è un'altra cupola con persone diverse, perché i personaggi iniziali sono tutti morti, ma che differenza fa?». Outrage ha come punto fermo la deferenza tra famiglie che porta alla vendetta. «Non è mai una questione individuale. Si agisce per il buon nome e per il rispetto della famiglia a cui si appartiene». Molto simile alla mafia italiana… «La mia impressione è che in Italia la mafia abbia buoni agganci nel governo e che questo sia alla luce del sole. In Giappone la mafia è un passo indietro, ma è potentissima. Poi c'è un ulteriore elemento di diversità. Se tu passeggi per Napoli non vedi scritto sui palazzi il nome della famiglia che controlla quel quartiere. In Giappone i nomi sono proprio scolpiti sugli edifici", ridacchia. Gli ambienti mafiosi raccontati da Kitano in Outrage sono paradossali, così come la violenza degli omicidi e dei dialoghi. «Attenzione, però, la mafia è sempre potente, anche se la ridicolizzo. E si è evoluta: è nel business dell'informatica, di internet, ed è più sofisticata anche nelle formalità. I boss della famiglia vincente non esigono più che chi ha sbagliato si tagli una falange. Preferiscono il più comodo cash».

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