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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2010 alle ore 08:06.
L'ultima modifica è del 18 novembre 2010 alle ore 09:02.
Ai tedeschi piace criticare gli altri governi, compreso quello degli Stati Uniti, per le loro politiche «irresponsabili». Ironicamente, è stata proprio la lingua un po' troppo sciolta dei tedeschi a portare l'Europa sull'orlo di un'altra crisi di debito.
I tedeschi, in risposta alla comprensibile irritazione della loro opinione pubblica contro i salvataggi di banche e paesi indebitati a spese dei contribuenti, stanno ragionevolmente richiedendo l'adozione di meccanismi che permettano una «più ampia divisione del fardello», cioè delle perdite dei creditori. Tuttavia le loro proposte, che implicano bizzarramente che i default possano avvenire solo dopo la seconda metà del 2013, non sono coerenti con tutto ciò che l'economia c'insegna.
I tedeschi dovrebbero ricordarsi l'ultimo episodio di default generalizzato del debito pubblico: l'America Latina degli anni 70. La loro esperienza c'insegna che i paesi smettono di ripagare i propri debiti quando i costi del default sono inferiori ai benefici. Le ultime dichiarazioni tedesche hanno spinto decisamente alcuni paesi europei chiave in tale direzione.
I costi di un default dipendono essenzialmente dal caos generato dall'interruzione dei pagamenti. I vantaggi sono i risparmi sui pagamenti futuri del governo, in particolar modo i pagamenti fatti ai residenti stranieri, che non possono votare. Questo chiaramente dipende in parte dalla quantità totale di debito emesso, dal tasso d'interesse e dalle prospettive di crescita del paese quando questo continui a pagare.
I paesi che si avvicinano al punto in cui un "non posso pagare" si trasforma in un "non pagherò" devono farsi carico d'interessi più alti rispetto a quelli dei governi considerati "sicuri". Questo è giustificato dal fatto che anche un piccolo shock può spingere i decisori politici a preferire il default. Ma questi differenziali sui tassi d'interesse non fanno che aumentare i vantaggi del non-pagamento, cosicché gli shock stessi possono spingere un paese rapidamente verso il default.
Vista in quest'ottica, appare evidente la ragione per cui il meccanismo di ristrutturazione del debito proposto dal governo tedesco non aiuta i paesi più fragili dell'eurozona ad allontanarsi dal default. Mentre la cancelliera Angela Merkel e i suoi colleghi promuovono il loro piano ben congegnato - accompagnato da un piano per fornire finanziamenti durante il default - i costi associati a tale default diminuiscono. Inoltre i vantaggi crescono, dato che le clausole di ristrutturazione richieste per l'emissione del nuovo debito aumentano i tassi d'interesse che devono essere oggi pagati dai paesi più fragili.