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Economia Politica economica

A Dublino in scena: "Aspettando il bailout". Finalmente al via i negoziati con Bce, Fmi e Ue

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 novembre 2010 alle ore 10:45.

I dubbi persistono. I timori, che si trasformano in pressione sui titoli di stato, aumentano. Ne è la prova l'asta dei governativi appena conclusa dal Portogallo. Certo, la richiesta è stata 1,8 volte la somma programmata (anche se la media è di 2,2 volte). Ma il rendimento cui i bond sono stati venduti la dice lunga sullo stato d'animo del mercato: lo yield del titolo ad un anno è di 4,813% contro il 3,26% di inizio novembre scorso. Ben 155,3 punti base in più che sono il premio al maggiore rischio paese "contabilizzato" dagli operatori. Una bolletta salata per le casse di uno stato che già è in difficoltà.

E che fa da pendant alla conferma della crescita zero, rispetto al trimestre precedente, del Pil spagnolo tra luglio e settembre. Un numero che non può fare piacere perché, alla fine della fiera, è solo attraverso la crescita, la ripresa economica che si supera lo scoglio del debito. Più economia vuol dire più entrate fiscali, più facilità a pagare gli interessi, più fiducia dei mercati, più redditività delle banche che sono piene zeppe di bond governativi.

Sullo sfondo di questi numeri di mercato, si è recitato a soggetto "Aspettando il bailout" a Dublino. Una commedia che, purtroppo, si inserisce nel filone del teatro dell'assurdo. Da un lato ci sono le ipotesi sui meccanismi per mettere in sicurezza l'Irlanda. di cui ha discusso anche oggi l'Ecofin. Eccole. La prima ipotesi prevede due piani di salvataggio: uno da 80-100 miliardi di euro per risanare le finanze pubbliche e un altro (da 45 miliardi) diretto al sistema bancario; la seconda ipotesi, invece, prevede un unico pacchetto solo per il sistema bancario. Il tutto con il coinvolgimento del Fmi, della Bce, della Gran Bretagna (ultima arrivata al capezzale irlandese) e dall'Ue.

Dall'altro lato la commedia è animata da un agire in ordine sparso che ha del grottesco e che, forse, ha la sua fine nell'annuncio che domani, giovedì 18 novembre, partiranno i negoziati tra il governo di Dublino e i "salvatori". Ma la recita, negli utimi giorni, non è mancata.

L'Irlanda, pur sapendo che alla fine dovrà cedere, continua a dire che vuol farcela da sola. ll ministro belga delle finanze Idier Reynders, dal canto suo, anche quale presidente dei lavori del consiglio Ecofin, ha sottolineato che l'aiuto della Ue all'Irlanda è ineluttabile. «Io credo che non si riuscirà ad uscire da questa situazione senza un aiuto europeo», ha detto. Il ministro ha precisato che il sostegno europeo sarà «condizionato» a tutta una serie di richieste allo scopo di «migliorare la situazione di bilancio» irlandese. Lo stesso Giulio Tremonti, sottolineando la situazione di maggiore sicurezza dell'Italia, ha comunque detto che «prima è l'intervento e meglio è». E il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso ha aggiunto: «che Dublino «ha un problema specifico con il settore bancario» e occorre «agire rapidamente per ristabilire la fiducia».

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Poi, c'è l'interesse della Gran Bretagna. La perfida Albione è molto preoccupata per le sorti del paese confinante. Non c'è da stupirsi: le sue banche sono quelle più esposte (22,4 miliardi di dollari) al debito di Dublino. Logico che Downing Street voglia dare una mano. Un po' meno logico che, secondo i dati di Cma market, i Cds su queste banche scendano negli ultimi tempi. Forse un indizio che i Credit default swap sono gestiti da grandi investitori, in grado influenzarne le loro quotazioni? A pensar male, diceva quel tale, si fa peccato ma spesso ci si azzecca...

E che dire delle ultime uscite della cancelliera Angela Merkel? Prima dell'inconcludente G20 di Seul aveva detto che parte del risamento dei debiti pubblici sovrani dev'essere fatto pagare anche agli investitori privati. Sembra un film già visto: in previsione di una campagna elettorale difficile in Germania la cancelliera, esattamente come aveva fatto nella primavera scorsa con la Grecia, tenta di indorare la pillola ai suoi elettori. Una posizione finanche giusta ma che, nel breve periodo, non fa che aumentare gli interessi a favore dei creditori di Dublino. I quali, guarda un po', sono (dopo gli inglesi) proprio le banche tedesche. Solo se si arrivasse ad un'effettiva svalutazione dei titoli stessi iscritti a bilancio gli istituti teutonici avrebbero problemi. Ma c'è qualcuno che pensa si arriverà a tanto? Alla fine, si ingrasseranno i bilanci con gli interessi più alti.

Insomma, mentre Lch.Clearnet, una della maggiori clearing house dove vengono regolate le transazioni di strumenti finanziari, ha deciso il raddoppio dei margini di garanzia sui titoli di stato dell'Irlanda, si continua la recita a soggetto. Il sistema dell'euro che, dotato degli strumenti voluti dopo la crisi greca dovrebbe essere piuttosto saldo, invece traballa. E i soliti, non il mercato genericamente, fanno parecchi soldi sfruttando le "stramperie" di Vladimiro e Estragone.

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