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Il ritorno di General Motors a Wall Street è una buona notizia per il mondo

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Questo articolo è stato pubblicato il 19 novembre 2010 alle ore 09:00.

Il ritorno della General Motors a Wall Street contribuisce a riportare un clima più positivo nell'industria dell'auto di tutto il mondo. L'ottimismo si è diffuso subito dopo l'apertura della Borsa di New York, quando il titolo Gm ha fatto segnare in poche decine di minuti un rialzo superiore al 7% rispetto al valore di 33 dollari fissato per la collocazione delle azioni ordinarie, per poi chiudere con un guadagno del 3,6%.

Il nuovo amministratore delegato della casa di Detroit, Dan Akerson, si è mantenuto giustamente cauto nelle prime dichiarazioni, ma è indubbio che il solo fatto di ripristinare la posizione di mercato della Gm segna un importante punto di passaggio nella crisi dell'industria dell'auto americana. In realtà, all'epoca del salvataggio governativo nella primavera del 2009, nessuno era sicuro dell'efficacia che avrebbe avuto l'intervento pubblico.

L'ingresso della Gm nella procedura di fallimento concordato del Chapter 11 aveva comportato un costo che aveva preoccupato molti cittadini Usa, impensieriti, oltre che dall'entità del salvataggio (circa 49,5 miliardi di dollari erogati dal Tesoro in forma di prestito al più grande produttore nazionale di auto), dalla prospettiva che la mano pubblica fosse destinata a non lasciare Detroit molto presto. Invece non è andata così e, a sedici mesi dalla decisione di assicurare la continuità di Gm e Chrysler, il governo può dire di non aver tradito la missione temporanea che si era dato. Si comprende dunque la soddisfazione con cui il ministro del Tesoro Tim Geithner e il suo collaboratore per i problemi dell'industria automobilistica Ron Bloom (protagonista con Steven Rattner della politica d'intervento) hanno salutato la ricomparsa della Gm a Wall Street.

Da questa prima vendita di azioni il Tesoro Usa ha calcolato di recuperare 13,6 miliardi di dollari, con una discesa della propria presenza dal 61% al 26% del capitale Gm: una cifra limitata, rispetto a quanto è stato erogato durante la crisi, ma che dà il segno concreto di un recupero in corso, di cui ci si attende il consolidamento nei prossimi tempi.

Quella di ieri è stata una giornata importante per l'economia americana nel suo complesso, alla ricerca di indizi in grado di testimoniare un maggior vigore della ripresa. Non a caso, l'apertura delle contrattazioni di Wall Street è stata annunciata dal clacson di una Corvette: la Gm era quotata alla borsa di New York dal dicembre 1916. Per quasi un secolo, poi, con l'interruzione drammatica dell'ultima crisi, la casa di Detroit era stata una protagonista assoluta, l'impresa americana per eccellenza, tale da dominare le classifiche mondiali per decenni. Libri celebri come Concept of the Corporation di Peter Drucker e soprattutto come l'autobiografia dell'artefice principale della sua crescita, Alfred P. Sloan, avevano fatto della Gm il paradigma del business Usa. La sua caduta aveva perciò suscitato un'impressione di sconcerto e di disorientamento che il ritorno in borsa permette di superare.

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Ma con quale profilo e quali aspettative la Gm si prepara ad affrontare il proprio pieno recupero? Essa resta ancora la prima di quelle che erano dette le Big Three di Detroit, anche se il divario che la separa dalla Ford si è molto ridotto rispetto a un tempo. La sua quota del mercato statunitense dovrebbe aggirarsi quest'anno attorno al 19%, in leggera contrazione rispetto al 2009, l'anno peggiore per l'auto Usa. La quota della Ford - che sta compiendo una rimonta sensazionale, contando solo sulle sue forze, avendo deciso di non ricorrere ai prestiti di Washington - salirà invece nel 2010 dell'1,5%, portandosi al 16,7%, per di più con un margine di redditività che sarà probabilmente il più elevato fra i grandi produttori d'auto. Anche la Chrysler sta recuperando, come dimostrano i buoni dati di vendita che ha fatto registrare a ottobre, con una quota di mercato pari al 9,5 per cento.

Certo, la Gm - come i suoi concorrenti - è ancora lontanissima dal realizzare i volumi produttivi di qualche anno fa. Nello scorso ottobre ha venduto in Usa 183mila veicoli, con un incremento di poco superiore al 4% rispetto al periodo corrispondente del 2009. Ma le annate disastrose, quando si toccarono perdite record (dal 2005 al 2008 la Gm ha perso qualcosa come 82 miliardi di dollari!), sono ormai archiviate come la fase più buia della storia di Detroit. Adesso la Gm deve offrire la prova che, dopo il cambio manageriale attuato su impulso del governo, saprà recuperare una posizione globale di primo piano. La sua presenza internazionale rimane un vantaggio competitivo fondamentale, che le dà ancora qualche chance in un sistema mondiale dell'auto in cui è aperta la lotta per l'egemonia.
Se la ricollocazione del titolo Gm avrà successo, ciò servirà senza dubbio a spianare la strada alla Chrysler, che si appresta a compiere il percorso analogo. Per la Chrysler il passaggio in borsa è ancora più determinante, perché varrà come la dimostrazione dell'efficacia dell'alleanza con la Fiat. Per questa ragione, potrebbe persino apparire una coincidenza sintomatica che il lancio della versione americana della 500 a Los Angeles sia avvenuto proprio nella settimana in cui la Gm si è riaffacciata a Wall Street.

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