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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2010 alle ore 09:18.
L'ultima modifica è del 20 novembre 2010 alle ore 09:53.
Di qui al 14 dicembre, più di tre settimane, si giocherà una partita di nervi. Senza eventi clamorosi e definitivi, ricca di passaggi tattici. Nessuno ha in mano l'asso decisivo, tutti sperano nel passo falso dell'avversario. Al punto che persino le inquietudini di Mara Carfagna diventano un tema politico di primo piano. In ogni caso si spiega la prudenza di Fini e al tempo stesso si capisce la precisazione secondo cui non c'è alcun «passo indietro» sul punto della fiducia, nessuna «frenata» rispetto alle posizioni di «Futuro e Libertà».
Può sembrare strano, ma è persino vero. Non c'è solo la preoccupazione di rassicurare quei militanti talmente nutriti di anti-berlusconismo da scatenarsi «on line» al primo sentore che il loro leader abbia abbassato la guardia. Il fatto è che Fini, a 24 giorni dal voto sulle mozioni, può essere solo sibillino e ambiguo. La sua posizione è incerta perché l'intero quadro è nebbioso. Si tratta di vedere se accadrà qualcosa nelle prossime settimane, destinate a essere soprattutto di logorante attesa.
Allo stato delle cose, Berlusconi ha in mano le carte che gli garantiscono un doppio vantaggio. Se recupera i sei o sette voti che gli mancano alla Camera, non si garantisce certo una tranquilla navigazione governativa, ma infligge una dura sconfitta ai finiani (e in generale a tutta l'opposizione). Se viceversa cade sulla mozione di sfiducia, è in grado di andare al voto anticipato riversando sui «traditori» la responsabilità dell'instabilità.
La forza di Berlusconi risiede nel solido patto con la Lega. E senza escludere pressioni indebite del Pdl su questo o quel parlamentare in bilico, la vera ragione per cui a Montecitorio l'opposizione non è sicura dei suoi numeri è l'inconsistenza del progetto di governo anti-Berlusconi. È questa fragilità del centrosinistra, ad esempio, oltre all'astuzia di Marco Pannella, che spinge i radicali a dialogare con il centrodestra. Probabilmente otterranno poco, ma segnalano un problema.
Dov'è invece la debolezza del presidente del Consiglio? Lo ha detto a chiare lettere Umberto Bossi, dando voce a uno stato d'animo diffuso. Bossi ritiene che sia impossibile governare con un orizzonte ampio disponendo di appena due o tre voti di maggioranza. È una diagnosi condivisa da Berlusconi, nonostante la sicurezza ostentata mentre cerca alleati in Parlamento.