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Fini: il voto non servirebbe all'Italia. No di Bossi al governo tecnico: il paese reagirebbe

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Questo articolo è stato pubblicato il 19 novembre 2010 alle ore 13:02.

Bossi a Napolitano: non farà il governo tecnico, il paese reagirebbe. Maroni: Tremonti sarebbe un ottimo premier

Umberto Bossi sentenzia sicuro. «Fini teme il voto? Penso di sì, ma non è l'unico, c'è anche la sinistra». Per la Lega e per il Pdl, dunque, il videomessaggio diffuso giovedì dal presidente della Camera, è un evidente prova di debolezza. Tanto che l'ex leader di An, intervenendo a un convegno sulla legalità a Novara, prende in prestito il gergo della formula uno. «Non faccio il Gran premio, siamo al pit stop». E prova a mettere il silenziatore alle voci di quanti vedono un suo passo indietro dopo il messaggio di ieri (guarda il video) in cui aveva chiesto al premier Silvio Berlusconi un'assunzione di responsabilità. E a Bossi Fini comunque risponde con fermezza. «Assolutamente non abbiamo paura del voto, ma le elezioni non servono all'Italia».

Fini mostra subito poca voglia di parlare del governo e, non appena uno dei partecipanti lo solletica sullo stato di salute della maggioranza, l'ex leader di An taglia corto. «Non c'entra, siamo qui per parlare di altre cose». Poi, però, anche se solo en passant, infila un riferimento rapido al premier e al suo "ghe pensi mì" di qualche mese fa e, agli studenti che partecipano al convegno, consegna questo messaggio. «Diffidate di quei politici - ha continuato -, e in generale di quelle persone, che vi dicono "adesso ci penso io". Dovete farvi largo da soli perchè fra trent'anni sarete voi la società».

Insomma, il dialogo a distanza tra il Cavaliere e l'ex alleato continua. E quest'ultimo coglie la palla al balzo anche per intervenire nella querelle in corso tra il ministro Roberto Maronie lo scrittore Roberto Saviano. «Non capisco - dice Fini - come qualcuno si possa indignare se c'è chi dice che la mafia è anche al Nord. Non è una polemica contro un partito o contro un territorio nazionale. La mafia è ovunque c'è un interesse». Pensare che la mafia, aggiunge Fini, sia solo un fenomeno calabrese o siciliano significa non avere letto una riga delle centinaia di migliaia di pagine degli atti giudiziaria. La mafia è un fenomeno globale, quindi evitiamo polemiche inutili». Quanto basta perché il senatur, di lì a poco da Roma, replici a muso duro. «Fini dice che non bisogna indignarsi quando si dice che al Nord c'è la mafia? Fanc...», risponde stizzito Bossi. Che però poi ammette. «Noi siamo sempre stati contrari all'invio di mafiosi al Nord per soggiorno obbligato. Hanno creato una situazione negativa e la situazione più negativa è in Brianza. Però - assicura il leader del Carroccio - la Lega è lontana. Non riescono ad avere agganci con noi«.

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Il videomessaggio di Fini

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Le tensioni dentro la maggioranza, dunque, sono tutt'altro che archiviate dopo la pax provvisoria siglata al Quirinale qualche giorno fa da Fini e Schifani. Dentro la pattuglia di Futuro e libertà il nervosismo è comunque palpabile dopo le voci sul pressing del premier nei confronti dei più moderati. E ai finiani non sono piaciute le interpretazioni sul videomessaggio di Fini, considerato dalla sponda opposta e dagli opinionisti come un evidente passo indietro. Così è tutto un rincorrersi di smentite a cominciare da quelle dei falchi: nessuna retromarcia, il sì alla sfiducia non è in discussione. Lo dice prima il più duro e puro di Fli, Fabio Granata. «Non c'è alcun colpo di freno, alcun cambio di rotta - spiega il finiano - Se il percorso sarà quello di arrivare in aula a maggioranza invariata e se, peggio ancora, continua questo tentativo di garantirsi una striminzita maggioranza numerica, senza tenere contro della grande questione politica posta da Fini, non potremmo che votare la sfiducia». Poco dopo gli fa eco anche un altro esponente dell'ala oltranzista, Nino Lo Presti. «Noi di Fli voteremo la sfiducia». E perfino una colomba, come l'ex sottosegretario Roberto Menia, arriva addirittura a sbilanciarsi. «Io ho espresso pubblicamente quello che penso: non ho nessuna voglia di votare la sfiducia ma se mi costringono a farlo lo faccio».

Cinti d'assedio, i finiani fanno quadrato attorno al loro leader ma il pressing di Berlusconi e dei suoi sull'ala più dialogante, affinché qualcuno sia riportato all'ovile prima del voto di fiducia del 14 dicembre, continua a essere asfissiante. Tanto che oggi l'avvocato Giuseppe Consolo, tra gli indiziati numero uno, è tornato a ribadire la sua fedeltà a Fini. «Seguo le indicazioni di Fini per convinzione, non per dovere. Il resto sono giornalate». Ma la campagna acquisti del Cavaliere non conosce tentennamenti e nelle ultime ore si è diretta anche verso qualche centrista costringendo l'Udc a una nuova presa di posizione. «In politica c'è la categoria di chi compra e quella di chi convince - dice uno degli uomini più vicini a Casini, il deputato Roberto Occhiuto - noi apparteniamo alla seconda».

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