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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2010 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 02 dicembre 2010 alle ore 07:39.
Per capire perché i mercati hanno bocciato il piano di assistenza all'Irlanda non bisogna guardare solo al bilancio pubblico del paese, ma soprattutto a quello delle banche. I dati di una recente pubblicazione della Bce ci dicono che per effetto di una crescita forsennata, per colpa anche di una vigilanza compiacente, alla vigilia della crisi il totale delle attività del sistema bancario irlandese era arrivato al 703% del Pil (in Italia siamo a 243) ed era il 581 solo due anni prima; alla fine del 2009, per effetto della diminuzione del prodotto lordo aveva superato l'800 per cento.
Date queste cifre, è evidente che non siamo di fronte a un semplice attacco speculativo, ma a un vero e proprio run, che non richiede fisicamente la corsa dei depositanti agli sportelli: semplicemente i creditori vendono i titoli sul mercato o si rifiutano di rinnovare i prestiti in scadenza.
Nessuna banca e tantomeno nessun sistema bancario è mai stato in grado di resistere a simili pressioni su una simile montagna di debiti e dunque non esiste per definizione un fondo d'intervento sufficiente a rassicurare definitivamente i mercati. Per lo stesso motivo, non si può pretendere che la Bce (che già ha titolo per 130 miliardi di euro in portafoglio) si assuma la responsabilità ulteriore di reggere una situazione insostenibile: le banche centrali devono concedere il credito di ultima istanza, ma non possono essere l'unico creditore disposto a tenere in mano il cerino. Occorre quindi trarre le giuste lezioni dagli ultimi sviluppi della crisi e soprattutto impostare un'azione di risanamento credibile e condivisa.
La prima lezione è che le soluzioni nazionali ai problemi di paesi dell'area dell'euro sono le tipiche toppe peggiori del buco che vogliono nascondere. I problemi di oggi dell'Irlanda nascono anche dal fatto che due anni fa, nel momento di panico e in mancanza di una soluzione europea adeguata, il governo irlandese decise di garantire tutte le passività delle proprie banche, evidentemente sperando che la crisi si sarebbe risolta con il tempo e non ci sarebbe mai stato bisogno di mettere mano al portafoglio. Scelsero anche la soluzione apparentemente rigorosa, quella della bad bank, ma poi non ebbero, anche perché lasciati soli, il coraggio di realizzarla fino in fondo. Quando ognuno è libero di fare da solo, le scelte sono quasi sempre improvvide e alla fine dannose per sé e per gli altri.