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Le 317 firme? Sono una forma di pressione sul premier perché si dimetta prima del 14 dicembre. Video

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2010 alle ore 07:47.

IL PUNTO / Un quadro politico logorato e logorante

«Abbiamo 317 firme» ha annunciato ieri il capogruppo di «Futuro e Libertà» alla Camera, l'uomo più vicino al presidente dell'assemblea, Fini. 317 firme equivalgono alla maggioranza assoluta di Montecitorio. Costituiscono sulla carta la base di un governo diverso e alternativo a quello in carica. Però solo sulla carta. Nella realtà parlamentare quelle 317 firme indicano per ora un progetto (sbarazzarsi di Berlusconi evitando le elezioni), ma non prefigurano una maggioranza politica né tantomeno un governo di ricambio. Forse tale maggioranza prenderà forma nelle prossime settimane, ma al momento non c'è.

Casini ha sempre tenuto a distanza Di Pietro, Fini avrebbe qualche problema a governare con la sinistra (e viceversa). Un conto è votare la sfiducia al presidente del Consiglio, tutt'altro conto è ricostituire in questo Parlamento una coalizione in grado di gestire la legislatura. E non si parla di un «governo breve» con l'obiettivo minimale di riformare la legge elettorale: ipotesi che il Quirinale ha più volte fatto capire di ritenere irrealistica. Si parla di una maggioranza e di un governo in grado di affrontare la speculazione finanziaria europea. Un compito eccezionale in un'ora eccezionale.

A ben vedere, l'unica ragione per evitare le elezioni anticipate come sbocco di una crisi «al buio», cioè priva di una soluzione predefinita, sarebbe un esecutivo di salute pubblica in grado un proporre un programma molto severo di risanamento economico, in vista dei sacrifici che l'Europa potrebbe chiedere. Un patto nazionale d'emergenza capace di riunire le maggiori forze politiche, dal Pdl al Pd, mettendo da parte la lista dei livori e dei veti reciproci. Ciascuno si assume la propria dose di responsablità politica e sociale.

Niente di tutto questo s'intravede. Il cammino verso il 14 dicembre continua con l'annuncio di una sfiducia che non contiene in sé una clausola «costruttiva» (l'indicazione della nuova maggioranza) come dovrebbe essere se fossimo in Germania. E infatti le 317 firme per ora sono soprattutto uno strumento di pressione. Su Berlusconi, s'intende, affinchè vada a dimettersi prima del fatidico voto del Parlamento. Questa insistenza lascia pensare che in realtà non ci sia tutta questa sicurezza sui numeri.

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IL PUNTO / Un quadro politico logorato e logorante (di Stefano Folli)

La situazione politica è logorata e logorante. Destinata a trascinarsi così fino al 14 dicembre

Tags Correlati: Berlusconi | Camera dei deputati | Di Pietro | Europa | Futuro e Libertà | Gianfranco Fini | Governo | Hillary Clinton | Lega | Montecitorio | Palazzo Madama | Pd | PDL |

 

Quello che in realtà sperano i fautori della «sfiducia», appartengano essi al centrosinistra o al cosiddetto «terzo polo», è che il presidente del Consiglio alzi bandiera bianca prima del 14, schiacciato sotto il peso delle rivelazioni e dei sospetti. Nonostante le parole pragmatiche di Hillary Clinton, infatti, i veleni di Wikileaks continuano a dominare la scena. C'è di tutto: interessi personali nei rapporti con Putin, problemi di salute del premier. Arriveranno magari nuove confessioni di giovani ragazze. Non si può escludere nulla.

Finora però questa gragnuola di proiettili mediatici non ha prodotto il cedimento di un Berlusconi peraltro piuttosto provato. Non ha causato lo sfaldamento del Pdl, anche se si allude sempre a un piccolo gruppo orientato da Pisanu a Palazzo Madama. Tantomeno ha provocato la spaccatura fra la Lega e lo stesso Berlusconi: anzi, il contrario. E' chiaro che le mancate dimissioni del premier prima del 14 renderanno necessario il voto in Parlamento. Lì si vedrà se i 317 deputati sono davvero determinati ad aprire la crisi. Che sarà senza dubbio «al buio», assegnando perciò una responsabilità molto gravosa al presidente Napolitano.

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