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La rottura del tavolo per Mirafiori. Tra la Fiat e i sindacati l'arbitro è il mondo

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2010 alle ore 11:01.
L'ultima modifica è del 04 dicembre 2010 alle ore 11:01.

Nel giorno in cui il Censis, nel suo Rapporto annuale sulla situazione del paese, ha parlato dell'Italia come di una società “sregolata” nei suoi comportamenti diffusi, la notizia dell'interruzione della trattativa a Torino tra Fiat e sindacati sullo stabilimento di Mirafiori potrebbe facilmente essere portata a conferma della difficoltà di fissare nuove regole condivise per le relazioni industriali.
Invece occorre sfuggire alla tentazione di enfatizzare troppo un episodio che, pur significativo, rientra nella falsariga dei processi contrattuali: a volte, un negoziato si interrompe proprio quando il punto d'approdo sembra ormai in vista, per riprendere e concludersi qualche giorno dopo.
Nel rito del processo contrattuale, i momenti di drammatizzazione servono anche a sottolineare scansioni e passaggi di fase. Dunque, l'improvvisa sospensione del confronto iniziato otto giorni fa presso l'Unione Industriale di Torino non può essere assunto come il segnale di una crisi tale da non poter essere ricomposta.

Da alcune delle prime dichiarazioni dell'ambiente sindacale è evidente che l'obiettivo di restituire a Mirafiori una missione produttiva nei prossimi anni è troppo importante perché si possa considerare irrimediabile quanto è successo ieri.
Che cosa ha fatto scattare il contrasto tra la Fiat e i metalmeccanici che ha portato a troncare la discussione? Un nodo che è destinato a diventare ricorrente nella definizione dello scenario futuro delle relazioni industriali: il rapporto fra il contratto aziendale e quello nazionale di categoria. Al sindacato – almeno in questo caso se ne può parlare al singolare – interessa mantenere la cornice del contratto nazionale.
La Fiat, al contrario, ha posto l'accento sulla condizione, essenziale nel giudizio dell'azienda, di assicurarsi delle regole di gestione dei rapporti di lavoro totalmente iscritti nella nuova realtà organizzativa dei suoi sistemi di produzione, indipendentemente dalla normativa sancita dagli accordi nazionali.

In altre parole, la joint venture tra Fiat e Chrysler, che dovrebbe sorgere a Mirafiori ed essere preliminare all'avvio del nuovo piano di produzione, dovrà nascere, secondo le intenzioni dell'azienda, da una definizione prioritaria di un complesso di regole, a prescindere dal contratto di categoria dei metalmeccanici. Insomma, nella prospettiva della Fiat, la Mirafiori di domani sarà posta, al momento della costituzione della nuova società, al di fuori del contratto nazionale, anche se non necessariamente (così almeno pare) contro di esso.

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Rottura al tavolo su Mirafiori

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Tags Correlati: Accordi e joint ventures | Fiat | Italia | Sergio Marchionne | Unione Industriale

 

Non c'è dubbio che lo stallo di ieri renda più evidente il travaglio a cui sono sottoposte le relazioni industriali. La mossa della Fiat è in linea con i passi annunciati da Sergio Marchionne dalla primavera scorsa: è chiaro che il suo obiettivo è approdare a un nuovo schema di governo degli impianti industriali, tale da segnare la discontinuità con il passato.

La Fiat intende dare seguito ai programmi di investimento solo se i regimi di orario, e le condizioni di lavoro, garantiranno massima efficienza. Ciò implica sottrarre alle rappresentanze sindacali il potere di interdizione garantito dalle regole precedenti.
Nel confronto su Mirafiori, come già è successo a Pomigliano, contano le "clausole di responsabilità", garanzia della funzionalità in fabbrica. Questa visione di un contratto di lavoro tagliato su misura dell'organizzazione aziendale è in conflitto con la visione delle relazioni industriali tradizionale, costruita sul contratto di categoria. E suscita interrogativi e perplessità anche all'interno del mondo imprenditoriale, non solo tra categorie e confederazioni sindacali.

Ma la politica inaugurata dalla Fiat muove dall'intento di introdurre una cesura nella nostra storia sindacale, depotenziando il livello nazionale della contrattazione, chiamando a rinnovarsi in accordo con tempi e modi del mondo globale tutti gli attori delle relazioni industriali.

Sappiamo quanto gli atteggiamenti e le parole pesino nei processi contrattuali, ma non si deve perdere di vista che il loro esito si misura sui risultati raggiunti. Nel caso Fiat, la posta in gioco è altissima, per il sistema industriale di Torino e per il nostro apparato produttivo.
Il rilancio di Mirafiori è questione decisiva e va affrontata con gli strumenti innovativi, fuori dal repertorio sindacale classico. Sergio Marchionne sta chiamando Fiat, sindacato e alla fine tutta l'opinione pubblica italiana a sintonizzarsi sul presente.

Il sindacato non può che misurarsi su questa sfida, che deve al tempo stesso suscitare consenso e dialogo, indispensabile a efficaci relazioni industriali.

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