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Mani libere per Casini: il «no», poi tutto è possibile

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2010 alle ore 09:01.
L'ultima modifica è del 10 dicembre 2010 alle ore 09:10.

«Il terzo polo esiste in quanto gestisce la crisi». La frase la ripete Bruno Tabacci ma è stata pronunciata un po' da tutti in quella riunione tra Francesco Rutelli, Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini in cui si decise la mozione comune di sfiducia al governo. Il nuovo polo, quindi, è come se avesse una scadenza incorporata: 14 dicembre. Con la fine della crisi e arrivati a uno degli approdi possibili, il terzo polo potrebbe anche evaporare. Innanzitutto, una vittoria di Silvio Berlusconi alle Camere, a maggior ragione se ci saranno defezioni nell'area tra il centro e i finiani, ne sancirebbe la fine prematura. Ma soprattutto, se la sfiducia ci sarà e se davvero si formerà un nuovo governo di centro-destra senza più il Cavaliere, il calcolo di Casini è di tornare al suo progetto originario.


Che non è il terzo polo ma quello del 2008, quello che lo separò da Fini e dal partito del predellino. Nei progetti dei centristi c'è la volontà di aggregare qualcosa di ben più solido e ampio che le compagini finiane più Api. C'è l'idea di un nuovo rassemblement di centro-destra, fatto di partiti federati tra loro, in cui l'Udc sia in pole position per conquistare pezzi di un Pdl orfano della sua leadership carismatica. E per attrarre anche spezzoni di Pd che si staccheranno da un partito sempre più a vocazione sinistra-sinistra. È questa la prospettiva strategica di Casini in cui però entrerebbe in competizione con Fini, altro che terzo polo. Benedetto Della Vedova, una delle prime file di Fli, ammette lo scenario ma non la conclusione. «Certo, con un Pdl che non ha più il mastice di Berlusconi è prevedibile che ci sarà uno scollamento e che noi e l'Udc entreremo in competizione per conquistare fette importanti del partito e del suo elettorato. Ma funziona così anche adesso tra Pdl e Lega, sono competitor ma sono lo stesso alleati».

Di certo il terzo polo è l'ultima spiaggia per Casini. È la spiaggia obbligata solo se si andrà a elezioni anticipate. Il punto è che negli ambienti dell'Udc non c'è molto entusiasmo per un matrimonio con Bocchino-Granata & company, se non obtorto collo. La compagine finiana viene giudicata troppo eterogenea, troppo divisa, troppo improvvisata, a tratti superficiale. E per questo anche poco affidabile. È questa la ragione per cui Casini, alla notizia di trattative segrete tra Fini e il premier su un Berlusconi bis, non ha voluto commentare. Perché sa che certi giochi tattici sono necessari al presidente della Camera per tenere uniti i suoi per l'appuntamento del 14.

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Insomma, oltre la prospettiva strategica più ambiziosa di Casini, è pure la scarsa coesione dei finiani a far traballare il terzo polo al di là della stretta congiuntura della crisi. Non la pensa così Bruno Tabacci che con Api, più di tutti, è vincolato alle mosse degli altri due protagonisti. «È chiaro – dice – che il voto anticipato ci costringe ad accelerare e unirci ma in tutti gli scenari ci ritroveremo insieme. Anche in quello del rimescolamento delle carte se ci sarà un'implosione del Pdl. Anche perché accadrà pure nel Pd».

È evidente che il terzo polo sopravviverà solo con il voto anticipato. Ecco allora che tutto quello che ora è suggestione dovrà trasformarsi in partito. Perché il terzo polo non ha programma e soprattutto non ha leader, o ne ha uno di troppo: o Casini o Fini. «Alla Camere andremo separati e al Senato troveremo un simbolo comune», raccontava Tabacci che con Rutelli ha appena presentato il nuovo logo di Api per prepararsi comunque al voto. Ed è anche per questo che il terzo polo è nato «frettolosamente», come ammette Della Vedova: dissuadere Berlusconi dalle elezioni anticipate perché, con un nuovo polo, potrebbe non avere la maggioranza al Senato. Ma, a quanto pare, il deterrente non ha funzionato.

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