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Questo articolo è stato pubblicato il 22 dicembre 2010 alle ore 08:09.

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Sindrome da Wikitroppo. Più informazioni sulla rete non portano a maggiore libertàSindrome da Wikitroppo. Più informazioni sulla rete non portano a maggiore libertà

Il fenomeno WikiLeaks si è rapidamente tradotto in un vivace dibattito su internet, trasparenza e verità. All'entusiasmo per la pubblicazione di file riservati sul network fondato da Julian Assange si è accompagnata la riflessione critica, espressa da figure di riferimento della cultura internettara di diversa estrazione come Jaron Lanier, ex hacker e pioniere della realtà virtuale, il blogger Evgeny Morozov e l'avvocato Larry Lessig.

Lanier esplora i punti controversi di WikiLeaks nel lungo saggio I rischi della supremazia nerd pubblicato sul mensile americano The Atlantic e sul magazine tedesco Focus, dove "nerd" indica, in questo caso, soprattutto gli attivisti tecnologici. «L'ideologia sottostante a gran parte del mondo online - non solo WikiLeaks, ma anche siti "mainstream" come Facebook - è che l'informazione in quantità sufficientemente grande diventi Verità».
Lanier parla di supremazia perché il primo malinteso, a suo avviso, riguarda il concetto di potere. «L'idea diffusa è che il mondo abbia bisogno di cyber-furbi che tengano sotto controllo antichi centri di potere come governi e grandi aziende. I cyber-attivisti, nell'ombra, magari viziati e un po' fastidiosi, contrapposti alla prepotenza del potere. Non credo sia così. Internet rende gli attori non tradizionali molto potenti».

Una percezione sbagliata su questo punto ha una serie di conseguenze. Porta gli «estremisti» a credere in una «forma di vita superiore, nuova, singolare, globale, post-umana», identificata nel web. I più moderati, invece, sono portati a credere che «aggiungere più informazioni a internet renda in modo automatico il mondo migliore e le persone più libere». È una critica ai tecnoutopisti, convinti che la quantità di dati online porti alla trasparenza e, dunque, alla verità. L'ex hacker tocca altri nodi del dibattito, a partire dall'«apertura radicale» (radical openness). Lanier riflette sul dilemma aperto dal sovraccarico d'informazioni riversate online: una valanga di cifre e parole che ha reso difficile esplorare a fondo i documenti del "cablegate" e ricostruirne il contesto per i non addetti ai lavori. Scrive: «Un problema è che l'informazione in magnitudini oceaniche può confondere e confonde tanto facilmente quanto può chiarire e attribuire potere, anche quando l'informazione è corretta».

La "nerd supremacy
Sono elementi che descrivono la "nerd supremacy": l'utopia che la tecnologia possa risolvere da sola questioni complesse. «Ma se vogliamo capire tutti gli aspetti di un argomento, dobbiamo fare qualcosa di più che copiare i files», ricorda Lanier. L'autore ha partecipato agli esordi della cultura nerd: è stato tra i primi a sperimentare i guanti per interagire con la realtà virtuale. Ha fiutato subito i rischi della partecipazione comunitaria online con un altro saggio, "maoismo digitale", per evidenziare i limiti nella democrazia delle community su internet. Infine il libro Tu non sei un gadget, una sorta di manifesto culturale che mette in guardia dalla deriva dell'egualitarismo del web verso una sorta di dittatura della massa. La tesi di Lanier aveva fornito lo spunto per un vivace dibatto sulle pagine del Sole 24 Ore nei primi mesi del 2010 sul rapporto tra web maturo e conoscenza, ripreso da giornali, internet e tv. L'intervento su The Atlantic si chiude con i riflettori puntati sui limiti dell'interpretazione della privacy online così come è vista, in genere, dai tecnoutopisti: «Non è una proibizione anacronistica sul flusso d'informazioni, ma riguarda le persone». Anzi, Lanier osserva che spostare la discussione sulle macchine e sull'oggettività autoevidente dei dati rischia di sottrarre terreno proprio alla fiducia nelle relazioni tra gli esseri umani che, per essere coltivata, ha bisogno di tempo e attenzione.

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